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pire ha fatto il sacrificio della propria vita. L’attentato dell’anarchico è disinteressato; gli scopi sono nobili. L’anarchico muore come un martire.
“Può essersi sbagliato sulla legittimità del suo atto; ciò non impedisce che davanti alla sua coscienza abbia colpito non come un assassino, ma come un giustiziere....
“Colui che colpì il re d’Italia, conosceva la repressione di Milano, i moti di Sicilia; chi vendica egli? Ancora una volta degli sconosciuti. Questo non è un delitto, ma è guerra di casta.
“I giornali stigmatizzano il più odioso dei delitti. Nessuno è veramente convinto dell’opinione che esprime.
“Perchè vi sono dei regicidi?
“Perchè vi sono degli oppressi e dei disgraziati?”
Tutti ricordano il grido feroce ed infame che la vile borghesia di Milano, appiattata dietro le persiane, lanciava ai soldati di re Umberto, che nelle vie assassinavano i proletarii disarmati:
Tirate forte, mirate giusto!
Un vendicatore è sorto, che ha tirato forte, che ha mirato giusto. Di che cosa si lamentano dunque questi miserabili? Il loro vangelo, quello tanto amato dalla regina Margherita, non dice forse: colui che colpisce di spada, perirà a sua volta di spada?
Del resto, ogni volta che simili fatti si producono, allora soltanto si ricordano che nessuno ha il diritto di farsi il giudice e l’esecutore della vita di un altro uomo, re o proletario che esso sia.
È giusto, noi socialisti dacchè esiste questo grande ideale, abbiamo sempre detto e sostenuto questa tesi così eminentemente umanitaria, ed in perfetta armonia coi nostri principii.
Ma i nostri nemici, re e borghesi, hanno sempre osservata questa legge umana, hanno essi sempre rispettata la vita dei lavoratori?