Pagina:Cagna - Un bel sogno, Barbini, Milano, 1871.djvu/139

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— Posso dunque?

— Ma certo.... scrivi.... scrivi più presto che puoi.

— Ora addio, sclamò Ermanno prendendole le mani, addio o giovinetta, e pensa che io vivrò della tua memoria!

— Non ci vedremo più?

— No, parto domani alle cinque.

— Alle cinque? sclamò Laura, potremo ancora salutarci prima della tua partenza.... ma da lontano; io sarò sul balcone di questa sala; passando nella via, tu potrai vedermi e salutarmi collo sguardo.

— Alle cinque! ciò ti costerà sacrifizio.

— Ma che? sono capace di non dormire per aspettarti. — Ora viene la mamma.... Addio Ermanno, e che il mio saluto ti accompagni durante il viaggio. Pensa a me che non ti dimenticherò mai; ricordati che ti aspetto in campagna. — Non potè proseguire, perchè già sentivasi la voce di madama Ramati che veniva a quella volta con Paolo.

Laura ed Ermanno si scambiarono un ultimo saluto, e si disgiunsero. — Quando gli amici decisero di andarsene, fu chiesto il signor Ramati, e qui cominciò la caterva dei saluti, che pareva non dovessero più terminare.

Suonavano le sette, ed Ermanno e Paolo uscivano allora sulla via. Il primo camminava macchinalmente senza profferir parola; l’estremo addio di Laura lo aveva grandemente addolorato. Andarono a cena, indi al teatro, d’onde uscirono di buon’ora dovendo Ermanno alzarsi presto all’indomani.

Se è vero che quel povero giovane trovò qualche felicità nel suo soggiorno in Milano, è pur vero che in quell’ultima notte scontò con tante angoscie tutte le gioie provate. — Dormì pochissimo, e quando riusciva ad assopirsi, tosto venivalo a tormentare un