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i conti di ventimiglia 33

tal punto, che era accaduto che questa refezione dai monaci negata, per violentiam extorsissent. Tali erano i rimbrotti dei monaci, a cui rispondevano i canonici, che il diritto alle esequis era loro dovuto e dal buon diritto e dalla usanza, il cimitero essere comune e dipendere anzi dalla Cattedrale, perchè per mancanza di spazio entro le mura, altro non po- tovasi costrurre, le decime esser state fino allora esatte senza reclami, alla festa di S. Michele i canonici d’allora, non meno che i loro antecessori, esser stati sempre ricevuti al Priorato con tutte le onoranze che loro competevano.

Papa Alessandro affidò l’esame della vertenza a tre cardinali che, assentendo le parti, decisero in via di transazione, che il vescovo ed i canonici potrebbero celebrare le esequie ai defunti insieme ai monaci nella chiesa e nel Cimitero di S. Michele, che la chiesetta in quello innalzata verrebbe abbattuta, che quanto in essa era stato dai canonici collocato i medesimi avrebbero potuto esportare, che i canonici avrebbero diritto a macinare il grano nei mulini del monastero prossimiori alla città, ma solo quanto era necessario al loro personale consumo ed a quello dei loro servitori. Papa Eugenio con Bolla data in Sutri nel maggio 1145, nella quale si espone lo stato della questione e la decisione dei delegati Apostolici, ratifico la sentenza e la pace fu per qualche tempo ristabilita1.

Ma non passarono molti anni che nuove cause a dissensi insorsero fra capitolo e priorato. Nel 1177 le parti avverse elessero ad arbitri il vescovo Stefano ed i consoli della Città.

I canonici muovevano lamenti perchè i monaci entravano nella chiesa Cattedrale coll’incenso, coll’acqua benedetta e

  1. Doc. 15.