Pagina:Cais di Pierlas - I conti di Ventimiglia.pdf/62

Da Wikisource.
58 e. cais di pierlas

ordini al detto capitano perchè di conserva cogli agenti del monastero si facessero cessare i guai lamentati e si dessero le indennità a chi di ragione.

Nel 1585, 7 maggio, abbiamo la stessa querela. L’abbate si dirige al Doge e alla Republica perchè questa nomini commissari che si rechino alla Seborga e sul posto prendano in esame le usurpazioni di cui sono vittima i beni del monastero, specialmente alla regione del Cuneo, dacchè gli abitanti di S. Remo e Vallebona, sudditi genovesi, poco a poco s’impadroniscono di quei beni che con i loro confinano.

Per contrario noi leggiamo che quello stesso: anno ai 2 di novembre il Comune di S. Remo muoveva lagnanze al Podestà della Seborga in nome dei canonici di quella città contro vari sudditi del monastero che possedono beni al Cuneo sul territorio genovese e rifiutano di pagare le decime ai canonici. Due anni trascorrono ed ai 19 febbraio 1587 i monaci rinnovano alla Repubblica la loro domanda di mandare commissari per verificare le usurpazioni commesse. Indi non è più solo contro quei di S. Remo ma ben anche contro quei di Ventimiglia che muovono querela e specialmente per l’usurpazione dei Mulini dei Gorretti.

Nel 1614 noi vediamo la stesso podestà di Ventimiglia rivolgersi al Capitano della città, perchè quei di Vallebona distruggono i boschi della Seborga.

Insomma il monastero di Lerino vede in tutto usurpazioni. Persino nel 1624 il Vescovo di Ventimiglia vuol visitare la chiesa di Seborga e di S. Michele. I monaci vi si oppongono e ne appellano al Pontefice. È una lunga contesa e solo nel 1725 si ottiene una transazione. Il vescovo potrà ogni tre anni visitare quelle chiese, ma s’egli giudicherà ne-