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cessaria alcuna riparazione, non ne darà l’ordine direttamente, ma per via del parroco del luogo ne sarà dato avviso all’economo del monastero, che vi provvederà.

Frattanto tutti quei molti reclami contro i luoghi confinanti alla Seborga non avevano arrecato alcun effetto e l’abbate di Lerino nel 1625 iniziò un processo formale contro il Comune di S. Remo per la montagna del Cuneo ed il braccio secolare essendo impotente a metter freno ai danni che commettevansi contro gli uomini e terre del monastero, il Capitolo provò finalmente di ricorrere alle armi religiose e al medesimo tempo si rivolse direttamente alla Santa Sede. Urbano VIII, volendo render ragione alle querele dei monaci, delegò i Vescovi di Nizza, Albenga e Grasse perchè giudicassero sui dissensi insorti per i beni del Cuneo.

Per ultimo verso il 1678 il monastero fece perfino un ricorso al Governo di Francia rivolgendosi al Chevalier de Rouille, comte de Meshay, conseiller du Roi de France, maître des Requêtes, intendant de la Justice, Police et Finance en Provence. Tali sono i suoi titoli. Il monastero richiedeva che il Re di Francia facesse rispettare i diritti spirituali e temporali della Signoria di Seborga dipendenti dall’isola di sant’Onorato, specialmente per ciò che spettava alla Montagna di Cuneo, contro gli abitanti di Ventimiglia, S. Remo e Valbona.

Neppur con ciò i poveri monaci riuscivano ad ottenere giustizia in favore dei vassalli del loro principato di Seborga.

Vediamo ora dalle carte dei tempi in che cosa consistesse questo loro feudo.

Il suo territorio dai confini di Rocca Scura a Colla Croce avea in lunghezza una distesa di circa 4 miglia, ma buona parte di esso era stato invaso nel modo che abbiamo veduto. Metà del territorio era occupato da boschi di pino, di