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l’avvocatura, si diede au esercitare la sua nobile professione con tanta scienza e tanta onestà, ch’ebbe ben presto a conciliarsi la stima e l’affetto di quanti ebbero a conoscerlo.

Animato da sentimenti liberalissimi ne diede coraggiosa prova, quando si trattò di assumere la difesa dei prevenuti politici giudicabili dinanzi la corte d’Aquila.

Ognun sa quanto quella difesa fosse pericolosa sotto il governo borbonico, ed infatti l’avvocato Colombini che la sostenne con tutto l’impegno, con tutta l’energia immaginabile, fu preso di mira da quel dispotico governo, il quale assoggettollo a rigorosissima sorveglianza politica, allontanandolo da qualunque carica, anche municipale.

Non appena venuto il 1860, epoca memorabilissima per le provincie napoletane, il Camerini per voto dei suoi concittadini fu tosto chiamato a tutte le rappresentanze comunali e provinciali, rendendo nelle importanti fimzioni affidategli rilevantissimi servigi al proprio paese.

Questi non si tenne pago dell’ingerenza che aveva già data al Camerini nel disbrigo dei propri affari, ma volle ch’egli accettasse la ben più rilevante missione d’averlo a rappresentare in seno a quel gran consesso, ove si elaborano le leggi che debbono reggere lo Stato.

Il Camerini, per quel suo spirito di eccessiva modestia che ognuno gli riconosce, voleva rifiutarsi a tanto onore, ma l’insistenza legittimamente giustificabile dei suoi concittadini, l’indusse affine ad annuire alle loro brame.

Il Camerini si è recato a sedere verso il centro sinistro, sebbene non abbia alcun rapporto col partito capitanato dal commendatore Rattazzi. No; egli ha voluto significare col sedersi a quel luogo, che intendeva conservare la propria indipendenza, sebbene egli voti il più spesso colla maggioranza.

Per indole propria è governativo, ammettendo che l’Italia, sopratutto nelle anormali circostanze presenti, abbia bisogno di essere confortata a sapersi contenere