Pagina:Calani - Il Parlamento del Regno d'Italia, vol 3.pdf/178

Da Wikisource.

— 1028 —


senatore.


Il Senato italiano conta pochi nomi che possano andare a pari per nobiltà e illustrazione a questo dei Pallavicini. Sarebbe lungo quanto inutile l’enumerare gl’infiniti titoli dei membri di questa antichissima famiglia, al rispetto ed alla considerazione dei loro concittadini; e una volta che la costituzione del regno, stabilisce ch’esista una Camera alta, o delle notabilità, è evidente che i Pallavicini debbono sedere in essa quasi per diritto.

Il marchese Fabio è certamente animato da sentimenti patriotici, pure non divide forse intieramente le opinioni della maggioranza degl’Italiani, intorno le ultime vicissitudini, mediante le quali, la nostra patria comune ha potuto riunire in un sol fascio, le sparse provincie, e sopratutto quelle che appartenevano alla Santa Sede.

Noi ci troviamo assai disposti, non diremo già a scusare, che questo sarebbe troppo, ma a compatire le esitazioni ed anche le avversioni più o meno dissimulate, di coloro, i quali non sanno completamente perdonare all’Italia, di avere usato una sorta di violenza, per rientrare nei suoi possedimenti naturali.

Due grandi principi stanno a fronte, due grandi enti morali: la religione e la patria.

La lotta che può esistere, e che esiste evidente mente tra queste due sante e sovranissime cose, non è ella di tal natura da seminare la zizzania nel campo e da far dubitare a più di un campione della giustizia della causa al cui servizio si è messo? Noi crediamo che vi sia modo di conciliare i due amori, di mettere d’accordo le due leggi; e fortunatamente per l’Italia, la gran maggioranza degl’italiani, è del nostro avviso. Ma alcune coscienze di soverchio timorose si spaventano delle folgori lanciate dal Vaticano, s’impietosiscono ai lamenti desolati di esso, e non