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Se quella importante e notevole vittoria servì a far crescere nell’amore e nella stima delle genti illuminate e liberali del proprio paese il nostro avvocato, valse altresì, come ognuno il comprende, a farlo segno ai sospetti ed all’ire del partito ducale.

Ciò nondimeno il Chiesi continuò ad occuparsi con ardore della sua professione, pubblicando anche un commento sul vecchio codice estense, col prender le mosse appunto dalla materia testamentaria, che aveva avuto campo di profondamente studiare in occasione della causa sopra accennata. La sua pubblicazione esser doveva periodica, e già erano usciti alla luce due volumetti, l’uno sui testamenti, l’altro sulle istituzioni e sui legati, quando la rivoluzione del 1848 interruppe l’arduo lavoro, e chiuse la carriera d’avvocato percorsa sino allora con non tenue splendore dal nostro protagonista.

I suoi concittadini, non appena conosciuta la fuga del duca Francesco V, dettero al Chiesi ampia testimonianza della stima che facevano di lui col nominarlo a membro della sezione governativa estratta dal municipio di Reggio a governare la città e la provincia. E allorchè i municipi di Modena e Reggio ebber costituito un governo provvisorio centrale sotto la presidenza del benemerito patriota cavaliere Giuseppe Malmusi, risiedente in Modena, Chiesi continuò ad esser uno dei reggenti la natale città, adempiendo insieme ai colleghi suoi con tanta moderazione, giustizia e civile sapienza l’arduo ufficio, che quando egli ed il professore Magliani suo amico, stanchi delle soverchie fatiche sopportate, e desiderosi di tornare ai prediletti studî nella quiete della vita privata, rassegnarono la loro dimissione, vennero da ogni parte firmati indirizzi dai più cospicui cittadini, nei quali si facevan vivissime istanze ai due dimissionari, onde continuassero nell’esercizio delle assunte attribuzioni. Non potendo di tal guisa resistere al voto popolare, Chiesi e Magliani dovettero di nuovo sobbarcarsi al gravissimo incarico. In tale ufficio e mediante la giusta influenza da esso esercitata l’avvocato Chiesi, in un co’ suoi colleghi, fu caldo propugnatore dell’annessione della provincia al regno