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Dove Giaon la sua fiumana volve,
E dove Mela e Carnion s’informa,
Sorgeano querce, e rote scotean polve,
Eran covili di ferina torma,
Metópe ancor si nascondea sotterra,
E sovra Crati i piè stampavan’orma.
Stava l’inferma Diva in questa guerra,
Quando gridò con dolorosa fronte:
Partorisci tu pure amica Terra,
Agevolmente il puoi: l’arido monte
Con la verga percosse, e quel si aperse
E spose immantinente un vivo fonte
Di cui la madre il picciol nato asperse
E il chiuse in fasce e accomandollo a Neda,4
Che i piedi alla Dittea grotta converse
Più dell’altre nutrici antica Neda
Dopo Filira e Stige, e non è lieve
Mercè se il fiume è nominato Neda.
Il mare di Lepréo l’ampie riceve
Schiere di questo rio, delle cui vene
Antique il germe Licaonio beve.
Era la fuga tua tra Gnosso e Tene
Quando lasciasti ciò laonde voce
Tolgon di Onfalie le infraposte arene5
Te dentro la Dittea romita foce
Accolgono le ninfe, e il sonno adesca
Alle tue cune di Adrastéa la voce.
Le poppe di Amaltea ti furon’esca,
E dell’Ape Panacri i dolci studi,
Fama di cui sull’Ida ancora è fresca.
Moveano Coribanti armati ludi
Ne’ tuoi vagiti, e le brandite spade
Fallian Saturno e i risonanti scudi.
In vita t’accrescevi ed in beltade,
Bionda calugin ti fioria le gote
Per tempo, e precorrea senno ad etade.