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Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/34

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Colle di Citerone in te di quella
     Presuntuosa la semenza vive;
     Culla non mi sarà tua piaggia fella;
S’addice a buoni amar l’anime dive:
     Latona a queste voci andò retrorso
     In cor volgendo le contrade Achive.
Poichè d’Elice quivi invan soccorso 17
     E di Bura aspettò, ver la campagna
     Della Tessaglia dirizzò suo corso.
Vide lì di Chiron l’alta montagna, 18
     E dell’Anauro il rio fuggir veloci,
     E Larissa e Penèo, che Tempe bagna:
Nè allora, o Giuno, i tuoi spirti feroci
     Manco s’intenerian, quando le inferme
     Braccia levò con queste vane voci:
Ninfe, del fiume di Tessaglia germe,
     Al vostro genitor dite che stia
     Con le preste onde sue tanto pur ferme,
Che la prole di Giove al mondo io dia,
     E con pregarlo e carezzargli il mento
     Intrattenetelo: O Penéo di Ftia,
Tu non dai udienza al mio lamento,
     Sul dorso già d’un corridor non siedi,
     Perchè nel tuo fuggir disfidi il vento?
Sempre avestù così leggieri i piedi,
     Sei tu con questo vol sempre disceso,
     O sol fuggi così quando mi vedi?
Dove ti porterò, dolce mio peso?
     Abbandona la lena il corpo stanco;
     O talamo di Filira scosceso
Soggiorna tu Peliaco monte almanco:
     Vengono in tue foreste orse e leene
     A disgrevar del crudo pondo il fianco.
Con luci a lei Penéo di doglia piene:
     Necessitade! inesorabil Nume!
     Non io niego ti fo delle mie vene,