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Eleonora d’Arborea. 111


essere allevata alla coltura della mente, alle virtù religiose e civili, ed agli esercizi cavallereschi fra gli esempi gloriosi della stirpe paterna. Ella ancor giovanetta sentiva che a reggere Stati non bastano le serene virtù dell’animo, se all’uopo non vanno congiunte colla sapiente vigoria dell’armi: ond’ella piaceasi nell’apprendare le cose di guerra, e ragionandone accendevasi in volto di ardore militare.

Tanta era l’inclinazione sua alle armi, che, secondo si ritrae dal biografo di lei don Giovanni Cupello di Oristano, non ancora quattordicenne si finse oppressa da mal di capo, e rimasta sola nel suo palagio, avvicinossi al soldato di guardia con maniere dolci ed amabili richiedendogli la lancia; ma negandola lui, la richiese con voce più severa, e niegatale ancora la seconda e la terza volta, gli diede un pugno sì forte nella mano, che lasciò scappare la lancia. La prese ella tosto, e a lui voltasi gli chiese perdono dell’insulto; e mostrando gran contento ed allegria di stringere quell’arme si fè a pregarlo che volesse ammaestrarla a ben maneggiare lancia e spada, non senza minacciarlo della sua indegnazione se ogni giorno di nascosto non la istruisse.

Ammirata e grandemente desiderata per bellezza d’animo e di corpo, superati gravi contrasti s’inanellò nell’anno 1367 a Brancaleone Doria genovese, degno di lei per virtù militare e gentilezza di sangue. Per sì felice connubio la pubblica esultanza fu significata ne’ canti e ne’ tornei, ed Eleonora, lieta di due figliuoli, Federico e Mariano, alle tenere cure di sposa e madre dovette ben tosto aggiungere le difficili cure di guerriera e legislatrice.

Mortole il padre e il fratello Ugone (1383) trucidato da