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156 Donne illustri.


Musica, disegno, belle lettere la attrassero fortemente, e vi fece grande profitto. — Uscita di là, sposò Marc’Antonio Michiel, cavaliere ricco e costumatissimo. Andò con lui a Roma, dove il padre sedeva ambasciatore della Repubblica. I Romani la chiamavano la Venerina veneta, tanta era, dice Paolo Zannini, la venustà della vaga personcina, la leggiadria de’ suoi modi, la grazia e la soavità dell’ingegno, vivace a un tempo e gentile. I più segnalati per dignità, lettere e valore d’arte le facevan corteggio, e tra gli altri è da notare Vincenzo Monti; ma non pare che l’ingegno poetico le facesse gran caso; e un giorno disse: «Della poesia mi piace il buono, ma non mi sentii mai voglia d’imitarlo.»

Dopo un anno tornò a Venezia; ed essendo già madre, scrisse un Trattato dell’educazione, rimasto inedito. Intanto il suo avo paterno, Paolo Renier, fu elevato alla dignità di doge, ed ella fece gli onori della casa. Si accorse allora che la conoscenza della lingua inglese le tornerebbe ad uopo; e postasi a studiarla, si avanzò tanto, che potè tradurre le Lezioni di rettorica di Ugo Blair, ma non le stampò per non competere col Soave, il quale già avea dato fuori la sua versione. Si volse allo Shakespeare, e voltò in italiano l’Otello, il Machbet e il Coriolano, e pubblicò queste tragedie con prefazioni e note, le due prime nel 1798; la terza nel 1800; ma si levò poi dal primo concetto di volgarizzare tutto il teatro di lui. Passando alcuni mesi dell’anno a Padova, s’invaghì delle scienze, e scaltritasi con la geometria, entrò poi allo studio dell’ottica, della chimica e della botanica. Intorno al modo di studiare questa scienza dettò un discorso, rimasto inedito; dipinse, incise e descrisse alcuni