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Pagina:Camerini - Donne illustri, 1870.djvu/77

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Isabella Andreini. 69


menti pubblicati dopo la sua morte. Era poi abile nel canto e nel suono, sapeva lo spagnuolo e l’italiano: e non è da stupire che le sue lodi stancassero mille lingue: e a darne un saggio si stancherebbero mille orecchie: come se riferissimo le sciocche iperboli del bergamasco Comin Ventura, che in una dedica le dice «che portava sulle labbra l’olivo di Pallade, in faccia gli orti d’Adone, in seno il convitto de’ Dei, nel petto il cinto di Venere, tra le braccia il casto Amore e la celeste Venere». Meglio si direbbe di lei quello che il Garzoni notò di un’altra famosa comica: «Quella divina che fa metamorfosi di sè stessa in scena.... quella bella maga d’amore che merita d’esser pòsta come un compendio dell’arte, avendo i gesti proporzionati, i moti armonici e concordi, gli atti maestrevoli e grati, le parole affabili e dolci, i sospiri ladri e accorti, i risi saporiti e soavi, il portamento altero e generoso, e in tutta la persona un perfetto decoro». Questa donna miracolosa morì d’aborto a 42 anni, il 10 giugno 1604 in Lione, e quella comunità la onorò d’insegne e di mazzieri, e fu accompagnata con grossi doppieri da tutto il corpo dei mercatanti. La mort de cette comédienne, dice il Bayle, mit en pleurs tout le Parnasse: ce ne furent que plaintes funèbres en latin et en italien. E sotto il nome di Pianto d’Apollo furono raccolte queste poesie da Giovan Battista suo figlio.

Ma assaggiamo le sue poesie, ch’ella stampò nella nostra città, e intitolò, con lettera del 22 settembre 1601, al cardinale Cintio Aldobrandini. Nel sonetto proemiale vuol far credere che i suoi canti d’amore fossero un giuoco: