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216 | epistola a giuseppe de blasiis |
Da le mie labbra erompe, e va perduto
Nell’aer pien di luce e de’ lontani190
Inni de la vendemmia, e guardo il mare
Ionio, ch’io già cantai, scintillar tutto
Al carissimo addio del sol che parte
Splendidamente; e sempre fumo. È questa,
Questa è la sola voluttà che provo195
E di cui fastidito ancor non sono.
Oh chi ti pose, giovinetto amico,
Oh chi ti pose nel pensier quel caro
Gentil consiglio d’inviarmi in dono 1
Fulgida canna oriental, da cui200
Perpetuo fumo aspirerò? che fia
Unica gioia di mie veglie? 0 fosse
Ch’essa da te mi venne, o fosse ancora
Che d’incantata region mi parla,
Sogno de’ miei prim’anni, io la raccolsi205
Con tutta festa giovanil. Sorridi?
Eppur tu sai che spesse volte un lieve
Fremito d’ala, un’aura errante, un fiore,
Una nube che passa, un fuggitivo
Raggio lunar basta a svegliarmi in seno210
Tal movimento di profondi affetti,
Che da gran tempo vi dormian sepolti,
E quai varrebbe a suscitarvi appena
Qual vicenda più grave è nella vita.
Bene arrivi, diss’io, fragile canna,
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- ↑ Giuseppe De Blasiis inviava all’A. una canna da pipa, di legno greco, di tinta naturalmente lucida, bruna, striata di rosso, di grana finissima.