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Al rapido risvegliarsi di tanti dolci ricordi, s’impietosiva per lei e per sè.
— Quell’attaccamento, quella sommissione d’animale domato, non l’avrebbe mai vinta? Mai?
E alzava rabbiosamente gli occhi al soffitto.
— Aveva torto!... Era un ingrato!... Fatalità! La sua liberazione però doveva arrivare!
E il portafoglio di bulgaro ch’egli contorceva tra le mani, mandava un leggiero scricchiolìo, facendo le boccacce dagli scompartimenti foderati di seta celeste, pieni di biglietti di banca.
— Settecento lire!
Lo buttò con disprezzo nel cassetto e si dispose a entrare in letto. E intanto che finiva di spogliarsi, i suoi occhi neri e grandi, luccicanti d’avidità, erano abbagliati da una confusa fantasmagoria di carte febbrilmente rimescolate, di mucchi di biglietti di banca e di monete d’oro, che apparivano e sparivano sopra un tappeto verde, continuamente.
IX.
Questa volta la tranquillità di Giacinta durò appena una quindicina di giorni.
Ella tentava di confortarsi:
— Il dolore ci lascia un’incancellabile impronta; per questo, forse, ora non posso più sentirmi pienamente sicura. Com’è difficile l’esser felici! Ci si abitua più facilmente a le sofferenze, ai tormenti! Già, interrotta una volta la corrente di scambievole fiducia che lega due amanti, non si riesce a rimetterla nello stato di prima. Rassegnamoci! I morti non