Pagina:Carli - Noi arditi, 1919.djvu/58

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a mano terrorizzava i serventi, s’impadroniva dell'arma e la volgeva immediatamente contro il nemico.

Il sergente Antonio Graceffa, sul Fagheron, riusciva con due soli compagni a mettere in fuga una pattuglia di « arditi » (!) austriaci, a bloccarli in una caverna e a persuaderli alla resa con lancio di petardi all’imboccatura.

Il tenente Feletti, veneto del Piave, si porta avanti con una mitragliatrice austriaca e spara; viene circondato, ma non cede d’un passo, e fa strage di austriaci, finché, sopraffatto, è ucciso vicino al suo paese, alla sua casa, che ha difeso fino all’ultimo, ferocemente.

L’ardito Materno Bonazzo, ferito, combatte con ardore raddoppiato, e si trascina avanti contro un nucleo nemico, assalendolo con tutto il suo impeto e uccidendo rabbiosamente. Alla fine, ferito a morte, cade gridando in un fiotto di sangue: « Viva l’Italia! ».

L’ardito Paolo Mannuzzi, visto che un forte sbarramento di mitragliatrici ostacolava, a Roggia dei Mulini, l’avanzata del suo Reparto, solo, sotto una fitta gragnuola di proiettili, si slanciava contro la linea nemica, e col lanciafiamme distruggeva e catturava le mitragliatrici, impegnando una vivissima mischia con un forte nucleo di ungheresi, che riusciva a far prigionieri.

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