Pagina:Carlo Rosmini Ragionamento degli Scrittori Trentini 1792.djvu/40

Da Wikisource.
40 Saggio di Rime



III.


Donna se dato a me, l’acuta doglia,
Che notte sento e giorno in mezzo il core,
Scoprirvi fosse, e come il crudo amore
Per troppo amarvi d’ogni ben mi spoglia;
Dubbio non ho che cangereste voglia,
Che pietà vi verria del mio dolore,
Nè più tardo sareste a far minore
Quel rigor che a morir solo m’invoglia.
Però che non pur voi, ma un tigre e un orso
S’accenderìa d’amor sentendo il foco,
Che m’agghiaccia la state e brucia il verno.
Chi può dir com’egli arde, arde assai poco,
Io nol posso già far, dunque soccorso
Chiedo ora a voi, e chiederò in eterno.


IV.


A mal mio grado il mio desir mi mena
A riveder il loco ove fui preso
Da duo begli occhi, e l cor di fiamme acceso
Mi legò amor d’una gentil catena:
Ma quando giunge innanzi alla serena
Fronte di quella a cui già mi son reso,
Che non posso nè voglio esser difeso,
Perdo i sensi, l’ardir, l'arte, e la lena.
Fugge per tema il sangue in mezzo il core,
E scorrer per le membra un gelo sento,
Mentre ivi stò com’uom che parla e sogna:
Il pensiero a mirarla è solo intento,
Ma tal esce da lei divin splendore,
Ch’abbassar gli occhi a forza mi bisogna.