Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/318

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dalla sua rapina. Ed in questo mentre, la Cloe terrá cura della tua greggia, ché, per esserti sempre compagna a pascere, le tue capre la dovranno conoscere e ubbidire. — Dafni, non pensando a che la cosa dovesse riuscire, incontanente salse in piedi, e, presa la sua mazza, le tenne dietro. Licenia, menatolo quanto piú potè lontano dalla Cloe, e condottolo per un bosco foltissimo, a canto a una fontana, ivi fattoiosi a canto sedere, cosi gli disse: — Dafni, io so che tu sei innamorato della Cloe, percioché questa notte le ninfe me l’hanno rivelato, le quali, apparendomi in sogno, e dopo dettomi il tuo pianto di ieri, m’hanno imposto che io venga a te e che ti sovvenga al bisogno tuo, rivelandoti l’opere d’amore, le quali non sono né baci né abbracciamenti, né quel che fanno i montoni ed i becchi, ma certi dimenamenti e certe tresche, con certe altre dolcitudini, che vanno insieme, dove sono assai maggiori e piú lunghi piaceri. Ora, se t’è caro ch’io ti liberi da questi tuoi mali e desii di venire alla sperienza di quel diletto che tu vai cercando, vieni eporgimiti lieto discepolo e volentieri; ed io, per fare cosa grata alle ninfe, son qui presta per insegnarloti. — Dafni per allegrezza non lasciò che piú oltre dicesse; e, come rustico, capraro, innamorato e giovine ch’egli era, gittatolesi a’ piedi come se gli avesse avuto ad imprendere qualche misterio grande e venuto veramente da Dio: — Anzi questo cercavo io — le disse; — e ti prego che senza indugio tu mi mostri questo secreto, e darottene un capretto, un paniero di caci freschi, del primo latte ch’io munga, ed una capra, la piú lattosa che io abbia. — Licenia, trovando in costui tanta larghezza quanta da un capraro non attendeva, lo prese in questa guisa ad imbarberescare. Ella primieramente gl’impose che, cosi come si vedeva, le s’accostasse e che la baciasse come e quante volte soleva baciar la Cloe, e che cosi baciandola l’abbracciasse e si coricasse in terra con esso lei. Accostatolesi, baciatola e coricatoseli a canto, ella riprese a dire: — Ora, Dafni, pensa che tu sia un torello e che io sia una giovenca: ci abbiamo ad appaiare insieme e lavorare un podere. Io metterò il campo e l’aratro, e tu ’l vomero e ’l pungetto e ’l seme a mezzo. Io metterò il giogo al collo a te, e tu a me in questa guisa — ed abbracciaronsi. —