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344 annotazioni.


neade di Plotino, dice che gli animi nostri seguitano il bello e fuggono il brutto, poiché la bruttezza è una orrida faccia del male, e la bellezza è un volto lusinghevole del bene. Ciccarelli.

Pag. 291, lin. 9. se le allontana. Forse se ne allontana.

Pag. 291, lin. 33. — Tutto tolto da Cicerone. Dolce.

Pag. 292, lin. 12. — Plotino, nel sesto libro della Enneade prima, dice che l’anima essendo cosa divina e bella, tutto quello che tocca e sopra che essa signoreggia lo abbellisce, secondo la capacità della natura delle cose. Ciccarelli.

Pag. 293, lin. 33. — Maniere poetiche tolte da Platone; delle quali abonda quel gran filosofo. Gaetano Volpi.

Pag. 294, lin. 29.— I Platonici affermano, che la bellezza è un raggio di divinità; di maniera che di qui dicono nascere che gli amanti, ancorché alcune volte più potenti siano delle cose amate, nondimeno prendono terrore e riverenza dall’aspetto di esse. Ciccarelli.

Pag. 295, lin. 19. — Diotima, nel Convito appresso Platone, dice ch’Amor è un appetito, col quale ciascheduno desidera che ’l bene sia sempre seco: di qui nasce ch’Amore sia un desiderio d’immortalità; e perchè non si può in questa vita conseguir immortalità, se non per via della generazione, quindi ne avviene che amore abbia per fine di generare il bello nel bello, cioè il buono nel buono. Ciccarelli.

Pag. 296, lin. 19. — . . . . Opinione de’ Platonici, che vogliono convenirsi nell’amor divino il bacio, in quanto è segno della congiunzion degli animi. Ciccarelli.

Pag. 296, lin. 28. — Questa è bella dottrina in teorica; ma non dee ridursi alla pratica, per lo pericolo che in quell’atto l’amor ragionevole non diventi sensuale. Anzi, quanto generalmente pericoloso sia questo amore, vien toccato dall’Autor nostro per bocca del Bembo in principio della seguente facciata. Gaetano Volpi.

Pag. 296, lin. 35. — Allude a quello che dicono i filosofi, che Amore è una forza che congiunge e unisce. Ciccarelli.

Pag. 297, lin. 23, 24. — preverte. Probabilmente perverte.

Pag. 297, lin. 30. — Dicono i Platonici, che l’occhio e lo spirito che ricevono l’effigie della cosa bella sono a guisa di specchi, che per la presenza de’ corpi ritengono l’imagine, e per la assenza la perdono; e però gli amanti che amano solo la bellezza del corpo, nell’assentarsi della cosa amata s’affliggono. La miglior parte di queste cose si raccolgono da Ficino, nel capitolo sesto dell’Orazion sesta che egli fa sopra il Convito di Platone. Ciccarelli.