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46 | il cortegiano |
cuna vanità o sciocchezza puerile. E quando poi parlerà di
cosa oscura o difficile, voglio che e con le parole e con le
sentenze ben distinte esplichi sottilmente la intenzion sua,
ed ogni ambiguità faccia chiara e piana con un certo modo
diligente senza molestia. Medesimamente, dove occorrerà,
sappia parlar con dignità e veemenza, e concitar quegli affetti
che hanno in sè gli animi nostri, ed accenderli o moverli
secondo il bisogno; talor con una semplicità di quel
candore, che fa parer che la natura istessa parli, intenerirgli,
e quasi inebbriargli di dolcezza, e con tal facilità, che
chi ode estimi ch’egli ancor con pochissima fatica potrebbe
conseguir quel grado, e quando ne fa la prova se gli trovi18
lontanissimo. Io vorrei che ’l nostro Cortegiano parlasse e
scrivesse di tal maniera; e non solamente pigliasse parole
splendide ed eleganti d’ogni parte della Italia, ma ancor
lauderei che talor usasse alcuni di quei termini e franzesi
e spagnoli, che già sono dalla consuetudine nostra accettati.
Però a me non dispiacerebbe che, occorrendogli, dicesse
primor; dicesse accertare, avventurare; dicesse ripassare una
persona con ragionamento, volendo intendere riconoscerla e
trattarla per averne perfetta notizia; dicesse un cavalier
senza rimproccio, attilato, creato d’un principe, ed altri tai
termini, pur che sperasse esser inteso. Talor vorrei che pigliasse
alcune parole in altra significazione che la lor propria
- e, traportandole a proposito, quasi le inserisse come
rampollo d’albero in più felice tronco, per farle più vaghe e belle, e quasi per accostar le cose al senso degli occhi proprii, e, come si dice, farle toccar con mano, con diletto di chi ode o legge. Nè vorrei che temesse formarne ancor di nuove, e con nuove figure di dire, deducendole con bel modo dai Latini, come già i Latini le deducevano dai Greci.
XXXV. Se adunque degli uomini litterati e di buon ingegno e giudicio, che oggidi tra noi si ritrovano, fossero alcuni, li quali ponessino cura di scrivere del modo che s’è detto in questa lingua cose degne d’esser lette, tosto la vederessimo colta ed abondante di termini e di belle figure, e capace che in essa si scrivesse così bene come in qualsivo-