Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 2.djvu/148

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ALL’ABBATE DI S. ANTIMO (*).

t ’ «i I. Desidera vederlo illuminato con perfetto lume, col quale conosciamo la volontà di Dio nelle creature, e da esse venirci ogni travaglio e persecuzione.

II. Cbe non si deve giudicare iu nessun conto, nè mormorare dei servi di Dio, ma communicare con essi; poiché ciascheduno ha bisogno dell’altro, attesa la diversità dei doni che è fra di loro. , III. Dell’ amor proprio che ci priva del lume e degli effetti di detto lume.

IV* L’avvisa della sua venuta quando sia per seguire, e l’esorta a non lasciarsi cadere in pene e cogitazioni di mente.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. ilarissimo padre in Cristo dolce Jesù. Io Catarina serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi con vero e dolcissimo lume, il quale lume è necessario ali* anima, cioè d’aprire l’occhio dell’intelletto a vedere, e raguardare, e giudicare la somma ed eterna volontà di Dio in voi. Questo è quello dolce vedere, che fa l’uomo prudente e non ignorante, fallo cauto, e non leggiermente giudicare la volontà dogli uomini, come spesse volte fanno i servi di Dio con colore di virtù e con zelo d’amore: esso lume fa l’uomo virtuoso e non timoroso, e con debita riverenzia giudica la volontà di Dio in sè; cioè che quello che Dio per-