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intima lotta ed aperti disdegni. | 173 |
8.
A SÈ STESSO.
Lascia, cor mio, l’inetta
Cura d’amor; ciò che perir già vedi
Cosa perduta e inutil cosa estima.
Candidi soli in prima
5Splendean certo su te, che con frequente
Anelito venivi
Ai convegni di lei, che fu diletta
Da noi qual non fu mai donna vivente.
Quanti dolci pensier, quanti soavi
10Giochi d’amor che tu chiedevi, e cari
Erano a lei del pari!
Come a rapidi voli
L’ore fuggiano, e candidi
Su ’l mio capo davver splendeano i soli!
15Ella cangiò; tu impaziente e fiacco
Or non essermi, o cor! s’ella ti fugge,
L’orme sue non seguir: non abbia il vanto
De la miseria tua; ma fermo e saldo
A l’instabil ventura
20Levati incontro, e dura!
Addio, fanciulla: è forte
La mente mia; nè prego mai nè voce
Che ti cerchi d’amore
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