Pagina:Catullo e Lesbia.djvu/26

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20 i tempi di catullo.

pennello o con lo stilo. Fra’ pochissimi intatti Lucrezio, il poeta abborrito; gli altri, non escluso il virgineo Marone, infetti di quella tabe, chi più, chi meno.

Storico di quell’età corrotta Sallustio, uomo dissoluto, scrittore severo, pensatore profondo. Immagine di quell’incerta altalena di fazioni e d’idee. Cicerone, cervello grande, ed anima vuota; disse assai più che non fece; parteggiò per Cesare e per Pompeo; eclettico negli scritti, eclettico nella vita.

Marco Terenzio Varrone, erudito fecondissimo e farraginoso, è il bibliotecario e la biblioteca di quel secolo. Seguì Pompeo, si rese a Cesare, ebbe insoliti onori da tutti, e li meritò. Seppe quanto potea sapersi ai suoi tempi; e morì fra’ libri.

A cominciare dal vecchio Levio, autore dell’Erotopegnone, e finire a Petronio, maestro di piaceri, la poesia latina non cessa mai di sagrificare alla Venere impura. La biblioteca delle cortigiane si arricchì in poco tempo. La nuova religione perseguitò a morte quei libri, distrusse inesorabilmente tutto ciò che le venne fra le mani; ogni santo padre, Omar in diciottesimo, volle aver il merito presso Dio d’avere bruciato un libro pagano. Gli scritti di Procolo, di Ortensio, di Eubio, di Cornificio, di Editero, di Sivenna, di Sabello e di altri parecchi perirono. I roghi, che doveano bruciare più tardi gli eretici, s’alimentarono da prima di libri: si voleva bruciare il pensiero: l’inquisizione era già cominciata da un pezzo, quando san Domenico le diede nome.

Plauto, Catullo, Ovidio, Properzio, Tibullo, Marziale e tutti quelli che scampano dalla distruzione, non