Pagina:Catullo e Lesbia.djvu/318

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312 annotazioni.

veano certamente far risaltare codeste idee; ma un po’ per rispetto alla Musa, un po’ per non aver saputo trovare un verbo che corrispondesse a capello al latino, me la son cavata con una circonlocuzione che fa le veci del rotto della cuffia.




LXXVI.


Il poeta è stanco; non ha più forza di lottare coi rivali che invadono il campo dell’amor suo; la voce della propria dignità gli risuona nel cuore; torna con la mente a tutto il bene voluto a quella ingratissima donna, e anzi che pentirsene, se ne compiace, perchè la memoria del bene che si è fatto produce sempre una piacevole soddisfazione nell’animo, una dolce e serena voluttà. Ha si può dire egli guarito dì tanto amore? tutt’altro. L’amore gli ha penetrato ogni fibra, gli ha sparso per tutte le membra come un vile torpore, gli ha sbandito dal petto ogni letizia. Egli conosce la necessità di lottare con sè stesso, di sradicare dalle viscere sue quell’amore; ma conosce altresì che le sue forze non sono da tanto:

Difficile est longum subito deponere amorem;

una vecchia passione non è come un vecchio vestito: