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[781-784] Ira, collera, ingiurie, offese, vendetta 251


«Philippus Strozza jamjam moriturus:

«Exoriare aliquis ex ossibus meis met sanguinis ultor.».

Ma gli ultimi studi sopra Filippo Strozzi mettono in dubbio il suicidio; e del testamento che a lui si attribuisce, dubitarono anche i contemporanei, poichè nessuno ne vide mai l’originale, e molti lo crederono opera di Pier Francesco Riccio da Prato, pedante di Cosimo de’ Medici. Vedi uno studio di Alessandro Barbi nell’Archivio Storico Italiano, serie V, to. XIV, disp. 3a del 1894.

L’eroico e doloroso caso di Filippo Strozzi richiama alla memoria qualcosa di molto simile seguito ai tempi nostri. I due versi:

781.   Risorgerò nemico ognor più crudo,
Cenere anco sepolto e spirto ignudo.

(Tasso, Gerusalemme liberata, c. IX, ott. 99).

sono parole di Solimano ferito e fuggitivo; ma le bisbigliava all’orecchio di Giulio Favre suo avvocato, Felice Orsini dopo aver udito la sentenza di morte pronunziata contro di lui per l’attentato del 14 gennaio 1858. Nello stesso poema vi ha un altro verso che esprime idee molto analoghe ed è questo:

782.   Noi morirem, ma non morremo inulti.

(Gerusalemme liberata, c. II, ott. 86).

Esempio noto di spaventosa vendetta è quello ricordato nei versi, soliti a ripetersi ora più per celia che sul serio:

783.   ....A me chiedesti sangue;
E questo è sangue;... e sol per te il versai.

detti da Oreste agitato dalle furie dopo il matricidio, nella tragedia omonima (a. V, sc. 13) di Vittorio Alfieri.

Invece un esempio notissimo di vile vendetta e di cieco odio è ricordato dalla frase:

784.   Tu ammazzi un uomo morto.

che sarebbero le famose parole di Francesco Ferrucci a Fabrizio Maramaldo, il quale avutolo prigione nelle mani dopo la rotta di Gavinana (3 agosto 1530) «volle che gli fosse condotto