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Pagina:Chi l'ha detto.djvu/393

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[1091-1094] Ozio, industria, lavoro 361


A indicare dove giacciano le peculiari difficoltà di un lavoro, si può usare l’emistichio virgiliano:

1091.   Hoc opus, hie labor.1

(Virgilio, Eneide, lib. VI. v. 129).

mentre nello stesso poeta troviamo i due versi seguenti utilissimi a significare come il lavoro e la necessità giungano a superare ogni difficoltà:

1092.   ....Labor omnia vincit
Improbus, et duris urgens in rebus egestas.2

(Georgiche, lib. I, v. 145-146).

Il primo emistichio è citato anche separatamente, ma svisandone il concetto; ugualmente succede di un’altra sentenza dello stesso poema, della quale si citano d’ordinario soltanto le prime parole:

1093.   In tenui labor, at tenuis non gloria.3

(Georgiche, lib. IV. v. 6).

il qual verso è usato da Virgilio a significare che le sue fatiche saranno ora rivolte ad un umile argomento (il miele e le api), concetto che ben rese Giovanni Rucellai nel poemetto Le api (v. 39-41):

          Ne’ piccioli suggetti è gran fatica.
          Ma qualunque gli esprime ornati, e chiari,
          Non picciol frutto del su’ingegno coglie.

Però nell’uso il verso virgiliano è tratto a significare l’industriosità dell’artefice che cura anche i più piccoli particolari dell’opera sua, la quale perciò acquista pregio soprattutto dall’abilità del lavoratore. È quindi il caso di ripetere che:

1094.   Materiem superabat opus.4

(Ovidio, Metamorfosi, lib. II. v. 5).

  1. 1091.   Questo è il lavoro, questa è la fatica.
  2. 1092.   Ogni difficoltà è vinta dall’aspro lavoro, e dal bisogno che incalza nelle dure vicende.
  3. 1093.   Il lavoro è tenue, ma darà non tenue gloria.
  4. 1094.   Il lavoro vinceva la materia.