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656 Chi l’ha detto [1866]

l’obbrobrioso cartello che ci scagliava dalla tribuna francese dicendo: gli Italiani non si battono»; e ancora a pag. 103: «I francesi furono assaliti nove volte alla bajonetta ed altrettante avevan mostrate le reni a quegli italiani che il generale Lamoricière aveva detto alla bigoncia francese che non si battono». È dunque chiaro che il Lamoricière disse questa disgraziata frase dalla tribuna parlamentare: ma quando? L’on. Meda ritiene che possa essere stata detta nella seduta del 16 aprile 1849 in cui si discusse d’urgenza la domanda di crediti presentata dal Governo per la spedizione di Civitavecchia, ma nel resoconto ufficiale la frase non c’ è. È possibile che fosse detta, nel calore della discussione, in risposta a qualche interruzione, e poi soppressa nel resoconto ufficiale.

Tuttavia la discussione sul vero autore della frase troppo famosa perde gran parte della sua importanza dinanzi alla constatazione che essa, sia di Lamoricière o di Thiers o di chiunque altro, ebbe successo, perchè come accade in questi casi, dette forma incisiva e per così dire mnemonica a un giudizio che con parole più o meno mutate era costante negli stranieri i quali ritennero sempre gl’Italiani disadatti alle armi. Quanto fosse calunniosa questa diceria, quali ne fossero le origini, come quella parvenza di vero che qualche fatto sembrava darle dovesse in gran parte attribuirsi, non a mancanza di coraggio individuale negli italiani il quale è stato ed è fuori di discussione, ma a deficienza di solidità e disciplina degli eserciti, virtù le quali presuppongono una coscienza nazionale e una tradizione militare, non è qui il caso di discutere. Ma non sarà inutile il raccogliere qui dei precedenti storici che costituiranno un materiale non disprezzabile per lo studio da farsi; e poichè è nello spirito della presente compilazione che l’autore di essa parli il meno possibile e lasci parlare gli altri, comincerò dal riferire come esordio riassuntivo il parere lucido e sereno di Benedetto Croce (La guerra italiana, l’esercito e il socialismo, articolo destinato al Giornale d'Italia nel settembre 1917, non più pubblicato per i sopraggiunti eventi e comparso poi nel volume del Croce medesimo: Pagine della guerra, Napoli, 1919, pag. 220-229). «Chi ha ricercato le storie d’Italia senza appagarsi della superficiale e convenzionale cognizione che se ne somministra nelle scuole, non ignora che una delle taccie più antiche e persistenti, anzi la principale e quasi unica taccia, data agli Italiani dagli altri