Pagina:Chi l'ha detto.djvu/689

Da Wikisource.
[1866] Le frasi storiche della Grande Guerra 657

popoli d’Europa, e specie dai francesi e dai tedeschi, era quella d’“imbelli”. Questo giudizio si formò sopratutto sul cadere del secolo decimoquinto, per effetto della resistenza nulla o fiacca opposta agli stranieri, nelle loro calate nel nostro paese, che divenne il loro campo di battaglia; ma se ne trovano i segni precursori nel medioevo, quando, tra l’altro, era divulgato in Europa l’apologo del “Lombardo e la lumaca”, e i duri e ferrei feudatari d’oltr’Alpe spregiavano gli italiani borghesi, “che cinsero pur ieri - Ai lor mal pingui ventri l’acciar de’ cavalieri”. Nè esso poteva essere cancellato dallo spettacolo che generalmente offrirono gli Italiani nella nuova calata francese, non più regia ma repubblicana, sul finire del settecento e nelle vicende della restaurazione; e di poco fu modificato dalle guerre, non sempre concordi, tenaci o fortunate, del nostro Risorgimento».

Al quadro, così ben segnato nelle grandi linee dal sen. Croce, facile sarebbe di aggiungere i particolari. Che le fonti del disprezzo degli stranieri per le armi italiane, si abbiano a cercare in quello dei barbari verso i romani o latini vinti, è indubitato. Eloquentissime le parole di Liudprando, vescovo di Cremona nel X secolo, longobardo di schiatta, che al principe Niceforo Foca, diceva: «Quos (Romanos) nos, longobardi scilicet, Saxones, Franci, Lotharingi, Bajoarii, Suevi, Burgundiones, tanto dedignamur, ut inimico nostro commoti nil aliud contumeliarum nisi Romane! dicamus, hoc solo nomine quidquid ignobilitatis, quidquid timidi- tatis, quidquid avaritiæ, quidquid luxuriæ, quidquid mendacii, imo quidquid vitiorum est comprehendentes» (Legatio Liutpramii ad Nicephorum Phocam, in Muratori, Rer. Italic. Script., to. II, pag. 481. - Vedi anche un articolo di Pio Rajna, Stulti sunt Romani: sapienti sunt Pajòari, nel Marzocco di Firenze, 21 aprile 1918).

In Francia, fra le varie accusa che si facevano ai Lombardi, primeggiava quella della pusillanimità, e là si formò la storiella burlesca del duello sostenuto da uno di essi, armato di tutto punto, contro una chiocciola, il terribile mostro che con le corna protese, con la corazza di cui era cinto, pareva cercare la pugna. Le origini di questa faceta novelletta (da cui nacque anche il motto proverbiale Assaillir la limace, comune nell’antico francese) furono ricercate dal compianto Francesco Novati (Il lombardo e la lumaca,

42