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Pagina:Chi l'ha detto.djvu/699

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Le frasi storiche della Grande Guerra 667


l’entrata in guerra per sfiducia nel valore dell’esercito. Ciò è falso. Il valore del nostro esercito fu sempre fuori di discussione.... Non uscì mai dalla mia bocca il turpe linguaggio che Salandra mi attribuisce. Non io potevo dimenticare il valore dimostrato dai nostri soldati in Libia ed in tutte le guerre».

Per lavare l’Italia da questa immeritata taccia ci voleva la guerra delle Nazioni. «Che cosa sta facendo — scriveva Benedetto Croce nel già citato articolo: La guerra italiana, l’esercito e il socialismo (pag. 224) - che cosa sta facendo l’esercito italiano, che combatte sotto la guida energica e sapiente del Cadorna? Nientedimeno che questo: sta redimendo in modo definitivo il popolo italiano da una taccia quindici volte secolare. Sta provando cioè col fatto che il popolo italiano ha raggiunto ormai la compattezza nazionale e politica, la cui espressione è la forza dell’esercito». Ma pur troppo questo scriveva Benedetto Croce il 24 settembre 1917, e un mese dopo seguiva la rotta di Caporetto!

Non è qui il hiogo di analizzare le cause di quella catastrofe sulle quali esiste ormai una vera biblioteca e che indubbiamente furono svariate e complesse. Mi contenterò di accennare che i fattori morali della sconfitta dell’ottobre 1917 furono con coscienza imparziale e obiettività scientifica benissimo analizzati dal prof. Giulio Cesare Ferrari nella Rivista di Psicologia da lui diretta, in uno studio scritto nel marzo 1918 ma di cui la Censura proibì severamente la stampa e che uscì soltanto nel fascicolo di maggio-agosto 1919, pag. 145-191 (Il disastro di Caporetto e la battaglia di Vittorio Veneto. Psicologia della guerra di movimento).

Non farà meraviglia che il doloroso episodio fosse malignamente sfruttato al di là delle Alpi per trarne nuova conferma alla vecchia leggenda. A tal proposito una onesta e preziosa confessione è fatta da Albert Dauzat nel curioso libro già citato: Légendes prophéties et superstitions de la guerre (Paris 1919). A entendre les poilus revenus d’Italie, deux divisions françaises auraient suffi pour arrêtere la débandade effroyable de deux millions d’Italiens après le désastre de Caporetto: l’histoire - et le simple rapprochement des dates - établit an contraire que l’armée italienne était reformée sur la Piave avant l’arrivée des contingents franco-britannique. La supérioritè et dédaigneuse que le poilu s’attribue sur le soldat italien n’est que la confirmation de la lé-