Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/236

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capitolo quarto 229

le loro passioni politiche sotto la larva del zelo religioso e concludendo che il cattolicismo non può e non deve essere un partito politico. E oltre che il Gazzola diceva una grande verità, la diceva con parole assai misurate. Eppure gesuiti e gregoriani menarono di quell’articolo grandissimo rumore e ne reclamarono al Papa, il quale con una nota, in suo nome, inserita nel Diario di Roma del 23 ottobre faceva disapprovare le opinioni espresse in detto articolo, e poi mandava in bando da Roma monsignor Gazzola e sospendeva dalle funzioni di censore il professore Salvatore Betti, che quell’articolo aveva munito del suo visto. Anche il primo articolo della Pallade del 16 ottobre, n. 81, intitolato Consulta di Stato, usci tutto mutilato dalla Censura, con sedici linee di puntini, tuttochè contenesse lodi entusiastiche per Pio IX, forse perchè nella concessione della Consulta di Stato il giornale intravedeva qualche cosa di più largo e di più esteso che la Consulta stessa a prima vista non sembrasse.

Questi fatti dimostravano la nessuna tutela che accordava agli scrittori, per la libera manifestazione del loro pensiero, la legge sulla stampa largita ai popoli dello Stato romano il 15 marzo 1847

Il 15 ottobre intanto il Pontefice aveva fatto pubblicare un nuovo motu-proprio nel quale egli dava ordinamento e attribuzioni alla Consulta di Stato, già concessa fin dal 19 aprile. Il che vuol dire - se l’aritmetica può e deve avere un valore indiscutibile nella storia - che erano occorsi sei mesi, sei interminabili mesi, data la condizione smaniosa e febbrile degli animi, prima che quella liberale deliberazione del Papa potesse venire posta ad effetto; il che vuol dire che a quella concessione del principe le tergiversazioni, le celate opposizioni, le imperdonabili lentezze del Governo, tanto altamente e frequentemente lamentate da Pellegrino Rossi, dal Perrens, dal Rey, dal Farini, dal Ranalli, dal La Farina, dal Belviglieri, dal Saffi e da altri cinquanta o sessanta scrittori delle cose di quei tempi, avevan tolto ogni merito, ogni valore morale al cospetto delle popolazioni: dallo stato di idea a passare allo stato di fatto quella concessione aveva perduto ogni freschezza, ogni apparenza di spontaneità, ogni efficacia di opportunità. La contraddizione fra le due opposte personalità - se cosi mi si permette di dire - di Pio IX