Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/238

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capitolo quarto 231

A tutte queste insinuazioni, mancanti di documenti e di prove, risponde trionfalmente, per tutti gli storici obiettivi ed imparziali, il Farini il quale scrive: «Coloro che si inalberano alla vista di ogni diplomatico, e che dalla Francia hanno preso a prestanza anche la diffidenza della proverbiata Albione, mulinavano in loro mente sospetti d’ogni guisa su lord Minto e sul ministerio a cui veniva fungendo. E chi lo credeva deputato a discoprire trame ed infrenare rivoluzioni, chi a tramare e soffiare nelle rivoluzioni, ognuno correva col pensiero là dove la propria passione accennava ed il desiderio e la paura tiravano. Fatto è che lord Minto, onorato gentiluomo e sagace diplomatico, non operava cosa che a gentiluomo onorato e sagace diplomatico non si convenisse; consigliava ai principi quei temperamenti e quelle lealtà che potevano sicurare gli Stati, ed ai popoli quella moderanza che poteva fruttar libertà;

    op. cit., vol. II, pag. 200; A. De Saint-Albin, op. cit., vol. I, cap. IV; G. Spada, op. cit., vol. I, cap. XX (in tutto il capitolo malignando sui passi, sulle parole, sui sorrisi di lord Minto); C. Cantù, Cronistoria, vol. II, cap. XXXVIII, pag. 732. (Cf. Storia degl’Italiani, vol. XIV, cap. CXC).
          Non perfidiano sulle azioni e sulle intenzioni di lord Minto, G. Grandoni, op. cit., anno II, pag. 96 e il marchese Costa de Beauregard (Epilogue d’un règne ou les dernières années du roi Charles-Albert, Paris, E. Plon, Nourrit et Cie éditeurs, Rome, Turin, Naples, L. Roux et Cie, 1890, chap. II, § 3) ma non si mostrano guari benevoli verso di lui.
          Chi adopra ogni maniera di insinuazioni e di calunnie contro lord Minto è il Croce, del quale sarà bene dire qualche parola, una volta per tutte.
          Il Croce (Vita popolare di Pio IX per D. Francesco Croce, sacerdote vicentino, missionario apostolico, dottore in teologia e cameriere d’onore di S. S. Pio IX, Prato, Ranieri Guasti editore-libraio, 1878), ha dato prova, in questo suo sozzo libello, di ciò che possono in un animo basso e volgare il fanatismo religioso e l’odio di parte. Premesso che il volume del Croce altro non è che uno sconclusionato rabberciamento della Storia di Pio IX del De Saint-Albin e del libercolo romanzesco-favoloso del Balleydier, intitolato: Roma e Pio IX (a cui altre volte mi son riferito e che non è da confondere con la Storia della rivoluzione di Roma dello stesso autore), dai quali due libri lo spudorato plagiario sacerdote traduce e riproduce, come roba sua, intere pagine di quando in quando, darò della esattezza storica dal Croce osservata nel narrare i fatti due esempi soli, che al lettore potranno servire di saggio intorno ai tanti strafalcioni, onde il zibaldone del missionario apostolico vicentino è infarcito.
          Nel capo V a pag. 25 del suo libello il Croce con sfrontatezza inaudita osa asserire che i consultori «erano eletti dal Papa sopra liste di tre candidati, mandate dai Consigli provinciali che, per formarle, sceglievano fra altre liste provenienti dai Consigli municipali (sic) e che questi erano il prodotto del suffragio universale!» (sic).
          A pag. 24 il Croce, la cui crassa ignoranza non è superata che dalla insigne sua mala fede, scrive che «Pio IX istituì la guardia civica indottovi dall’esempio degli altri sovrani e che ci si piegò per ultimo», mentre