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286 ciceruacchio e don pirlone

A chi legga attentamente il libro, da me più volte citato, del D’Haussonville, Histoire de la politiqìie extèrieure du gouvernement français (1830-1848) e l’altro del D’Ideville sul conte Pellegrino Rossi, più volte parimente citato, apparirà chiaro ed evidente come l’illustre statista carrarese, mosso dal suo grande affetto per l’Italia e dalla conoscenza che egli aveva, più esatta di quello che non l’avesse il primo ministro del re Luigi Filippo, signor Guizot, dell’ambiente italiano di quei giorni e, specialmente dell’ambiente romano, esercitasse a Roma, dalla elevazione di Pio IX al pontificato fino alla caduta della dinastia orleanese, un’azione energica ed utilissima su tutta la Curia, ma segnatamente sull’animo del nuovo Papa per strappare a questo e alla Curia tutte quelle riforme che a lui sembravano necessarie a prevenire l’azione della rivoluzione. Nel far tutto ciò il conte Pellegrino Rossi oltrepassò di molto le intenzioni e le istruzioni del Guizot: e si può affermare solennemente che, in tutta quell’azione sua, il grande economista si mostrò assai più cittadino italiano che ambasciatore francese, assai più tenero degli interessi della sua patria che dei ghirigori della ambigua politica italiana del signor Guizot1.

Ora, seguendo la corrispondenza sia officiale, sia privata, scambiata fra il Rossi e il Guizot, si vede nettamente come l’ambasciatore francese si affaticasse, con ardore grandissimo, ad ottenere dal Papa che la concessione delle riforme apparisse spontanea, che fosse fatta in tempo opportuno e non a stento, a bricciole e troppo tardi come, pur troppo, non, ostante le sue premure vivissime, si veniva facendo; e da quella corrispondenza risulta pure evidentissimo come il conte Rossi stimasse suprema necessità l’introduzione dell’elemento laico ~ le parole son sue ed egli si scusa del gallicismo elemento laico da lui adoperato - nel Ministero2.

Il conte Rossi aveva ripetutamente manifestata l’avversione profonda che egli nutriva per l’elemento ecclesiastico, da lui reputato corrotto ed inetto. Ma come gli era intravenuto per tutte

  1. Vedi anche in proposito P. D. Pasolini, op. cit., cap. IV, § 3°, pag. 74.
  2. H. D'Ideville, op. cit, liv. Vme, pag. 179 ove riferisce la lettera indirizzata dal conte Rossi da Roma, in data 18 gennaio 1848, al ministro Guizot. Cf. V. Gioberti, Rinnovamento, vol. I, cap. I.