Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/310

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capitolo quinto 303

stravano come, mentre a Milano, a Pavia, a Padova, a Messina — che era stata bombardata dai Borbonici — si piangeva, non si poteva sollazzarsi e ridere a Roma. Cosi, un po’ pel sentimento verace di molti, un po’ per la scimiottica mania imitatrice di altri, il carnevale effettivamente passò scialbo e sbiadito, e l’ultima sera alla famosa festa dei moccoletti non ne fu acceso pur uno. Dimostrazione di unanimità che alcuni vogliono esclusivamente attribuire alla potente organizzazione del partito esagerato, ma che deve essere invece riconosciuta precipuamente come risultato della onnipotenza della pubblica opinione.

A dimostrare intanto quella parte che trapelava al pubblico delle tenebrose mene del partito reazionario per attraversare in tutti i modi l’opera di riforma del Pontefice - mene spesso negate dallo Spada e dagli altri storici-romanzieri-favoleggiatori papalini - noterò due fatti che - quando si consideri come l’azione gesuitica si esercitasse nelle tenebre * potranno dare, da quel poco che è dato vedere, la misura di tutto ciò che si operava in segreto, e che non era e non è concesso più scorgere.

Mentre il Pontefice, per gli eccitamenti della Consulta e più per quelli dei nuovi ministri, specie dello Sturbinetti e del Pasolini, si era rivolto al re Carlo Alberto per chiedergli l’invio di sperimentati ufficiali superiori che riordinassero le demoralizzate milizie papali, il partito reazionario osava proporre per tale ufficio senza bisogno - si diceva - di ricorrere a ufficiali stranieri il generale svizzero, pensionato — per ragioni di prevaricazione — fin dal 1841 dal Governo pontificio stesso, De Kalbermatten1.

E che la cosa sia vera lo prova il fatto che la Gazzetta di Roma, giornale ufficiale, assunse, nella sua parte non ufficiale, la difesa della proposta del generale De Kalbermatten, sostenendo in proposito una viva polemica col Contemporaneo, il quale segnalò, fra le altre cose, che il De Kalbermatten aveva «rapporti di affinità con S. A. il principe De Metternich e

  1. Bilancia del 4 febbraio, n. 91; Contemporaneo del 12 febbraio, anno II, n. 18.