Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/334

Da Wikisource.

capitolo quinto 327

Il generale Giovanni Durando era già partito, insieme a’ suoi aiutanti di campo, marchese Massimo D’Azeglio, conte Casanova e conte Pompeo di Campello, ed era pure partito il generale Andrea Ferrari, che aveva scelti a suoi ufficiali di Stato Maggiore Luigi Masi e i romani duca Filippo Lante di Montefeltro e Mattia Montecchi.

Più tardi, quando i magazzini militari furono nuovamente forniti di armi e di oggetti di vestiario parecchie altre centinaia di volontari partirono per i campi veneti, e fra questi nuovi manipoli, va specialmente notato il corpo dell’artiglieria civica romana, comandata dal capitano Federigo Torre.

Alla testa di tutta questa gioventù, che mai aveva udito fragore d’armi, mossa ed accesa da un solo nobilissimo desiderio di far libera la patria dallo straniero, partivano, col grado di ufficiali uomini eminenti della nobiltà e della borghesia, il flore della cittadinanza, il duca Filippo Lante, il marchese Filippo Patrizi, il marchese Carlo Stefanoni, il conte Pompeo di Campello, il principe Bartolomeo Ruspoli, il conte Luigi Pianciani, due conti Mastai, nipoti del Papa, Luigi Bartolucci, Giuseppe Gallieno, Bartolomeo Galletti, Angelo Tittoni, Pietro De Angelis, Natale Del Grande, Mattia Montecchi, Ignazio Amici, Demetrio Diamilla, Alessandro Gariboldi, Ignazio Palazzi, Luigi Ceccarini, Luigi Grandoni, Giuseppe Checchetelli, Romolo Federici e altri cento - e dico cento, non por convenzionalismo di forma, ma per dir proprio cento - e più di cento giovani, segnalati per studi, per ingegno, per censo fra i cittadini di Roma.

Il 27 marzo, appena partite le legioni dei volontari, si diffuse un’altra notizia graditissima al cuore dei patrioti: anche a Venezia il popolo era insorto, anche da Venezia erano stati espulsi gli Austriaci. Una folla numerosissima si raccolse nella chiesa di San Marco, ove fu cantato il Te Deum e poscia, per tutto il giorno, e anche durante la notte, il popolo festeggiò il fausto evento con luminarie, canti patriottici e dimostrazioni, le quali finirono poi con nuovi atti di ostilità verso i gesuiti a piazza del Gesù.

A questo punto parecchi fra i narratori delle vicende di quel triennio raccontano che il Pontefice nel benedire, la sera del 23 la bandiera dei civici mobilizzati, portata nelle sue stanze da