Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/378

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capitolo sesto 371

futuri insuccessi e dei gravi errori che, quasi a gara, commisero il Durando ed il Ferrari. Intanto causa prima dei malumori e delle diffidenzo era la reluttauza del Papa - inesplicabile per i dodicimila volontari, che stavano ansiosamente aspettando a Bologna e a Ferrara - a dichiarare la guerra.

Onde vivamente e ragionevolmente si commoveva la pubblica opinione; e i giornali, nelle loro animate polemiche, e i Circoli romano, popolare e commerciale, nelle assidue ed accese loro discussioni, domandavano ad alta voce la dichiarazione di guerra; e, di riverbero, i Ministri domandavano al Papa la facoltà di farla essi, in suo nome, quella dichiarazione di guerra.

E in questo suo atteggiamento il Ministero aveva adiutatrice la vera opinione pubblica in tutte le sue gradazioni da quella moderatissima, rappresentata da Pellegrino Rossi, da Francesco Orioli e dal canonico Stefano Ciccolini, fino a quella più accesa, rappresentata dà Carlo Luciano Bonaparte di Canino, da Pietro Sterbini e da Ciceruacchio.

Infatti, su proposta di quest’ultimo, si era Costituito di quei giorni un Comitato di guerra, composto di godici membri eletti dai vari Circoli e destinato a cooperare alla guerra dell’indipendenza nazionale ed erano stati eletti a farne parte i seguenti cittadini:

Pel Circolo popolare: Massimo di Rignano duca Mario, Armellini Francesco.

Pel Circolo romano: Mamiani conte Terenzio, Berretta Cesare.

Pel Circolo commercianti: Fabi avv. Antonio, Galletti Vincenzo.

Pel Casino piazza Sciarra: Borgia conte Ettore, Giraud conte Ferdinando.

Per la Società artistica: Gajassi Vincenzo, Cremonesi Lorenzo.

Pel Casino palazzo Costa: Polverosi Bartolomeo, Mastricola dott. Luigi.

E non sarà inopportuno notare, qui, di passaggio, che questi egregi cittadini, nati a Roma quasi tutti, appartenevano quasi tutti al fiore della moderazione; e devotissimi al Papa erano allora e furono poi, il duca Massimo, il Polverosi, il Giraud, il Galletti, il Fabi; e moderati, anche in esilio, si serbarono poscia