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state tradotte da nobilissimi ingegni. Ne abbiamo trasportate in Greco dallo Scaligero, dal Salvini, e da altri; e sarebbe lunga opera l’annoverare quei che hanno recato nella nostra favella o tutto in parte questo Latino Poeta.

Ma fra i traduttori della chioma di Berenice può giustamente distinguersi il valoroso Sig. Cav. Puccini. Il suo libretto contiene il testo di Catullo della più purgata lezione cominciando dall’Elegia d’indirizzo che fa il Poeta ad Ortalo della sua versione del Greco Poemetto di Callimaco. A fronte sta la traduzione Toscana in terzetti legati. Quanti sono i distici, altrettanti sono i terzetti: e per tutto vi si scorge, e si ammira la purità della lingua nostra, l’eleganza dello stile, e la felicità e franchezza del verso e della rima, che mai non apparisce servile. Tanti pregj fanno prendere il lavoro del Sig. Puccini per una molto bella Elegia anco separata dal Testo. Ma confrontata col testo vi si trova anco di più. Egli ha conservato al suo originale la più esatta e più scrupolosa fedeltà. Eppure Catullo non è ridondante, ma pieno di cose: egli è tra gli antichi poeti uno de’ più malmenati dai copisti; e le dispute insorte sopra di lui fra gli eruditi fanno fede che il senso in alcuni luoghi non è piano bastantemente. Con tutto ciò il nostro abilissimo Traduttore con invidiabile maestria sempre fuori ne trae il senso più naturale e le grazie più delicate. Per darne un saggio riporterò quì la versione della breve Elegia ad Ortalo.