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― Questa è la sua voce!... è lui dicerto! ― disse fra sè. Fra questi scimmiottini ne avete per caso conosciuto qualcuno che avesse nome Pipì?

― No!... anzi, sì.... Mi pare di averne conosciuto uno. Ma quel Pipì era una birba matricolata.... un vero malanno.

― Pur troppo! Figuratevi che io gli avevo fatto un monte di carezze e l’avevo perfino tenuto a cena con me, alla mia tavola.... e sapete come mi ricompensò? Mi ricompenso col saltarmi agli occhi a tradimento e coll’accecarmi, come se fossi un filunguello!

― Questo poi non lo credo.

― Non lo credete?

― No. Pipì era una birba: ma non aveva il cuore così cattivo, da commettere una simile scelleraggine.

― Eppure è lui che mi ha accecato.

― No, no, no.

― Sì, sì, sì.

― Credetelo, Golasecca, quello che vi ha accecato non sono stato io: sarà stato Nanni, il gatto di Moccolino.

― Ah! finalmente ti sei scoperto!... ― urlò il capo-masnada, con un grugnito di feroce allegrezza.

Pipì si pentì subito della sua imprudenza: ma oramai era tardi!

― Sono bell’e morto! ― disse girando gli occhi in cerca di una finestra per poter fuggire. Quella casina disgraziatamente non aveva finestre!

Intanto Golasecca, brancolando in qua e in là con le mani, riuscì a prendere lo scimmiottino: e dopo averlo acciuffato, lo legò con una catenella di ferro e se lo pose a cavalluccio sulle spalle.