Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Non fù necessario un lungo volgere di anni, acciocchè il poema sacro di Dante salisse in grande onoranza per tutta la nostra Italia. La novità e la eccellenza di questa mirabile creazione bastavano a meritarle il favore e l’ammirazione universale; ma più altre cause conferivano a darle celebrità. Imperciocchè l’Autore con le dottrine, con la storia, col biasismo, con la lode parlava ai sapienti, ai reggitori della Chiesa e degli Stati, ai popoli, alle famiglie illustri, ad ogni qualità di persone; e a tutta quanta l’umanità egli mostrava la bassezza e la miseria del vizio, e l’altezza e la beatitudine delle virtù. Potevano bene alcuni non accettare tutte le opinioni professate da lui, ed altri discordarsi da’ suoi intendimenti politici, o repugnare, come chi vivamente è punto, alla libertà della sua parola gastigatrice; ma tutti leggevano il libro, dicevano quello che ne sentissero, e facevano sì che ne crescesse la fama. Onde quella luce, che, uscita dall’anima di Dante, era stata per alquanto tempo nascosa, come scrisse Giovanni Boccaccio, sotto la caligine del volgar materno, dovè risplendere agli occhi anco dei