106Amor condusse noi ad una morte:
107Caina attende chi in vita ci spense.1
108Queste parole da lor ci fur porte.
109Da ch’io intesi quell’anime offense,
110Chinai ’l viso, e tanto il tenni basso,
111Fin che il Poeta mi disse: Che pense?
112Quand’io risposi, cominciai: O lasso,
113Quanti dolci pensier, quanto disio
114Menò costoro al doloroso passo!
115Poi mi rivolsi a loro, e parlai io,
116E cominciai: Francesca, i tuoi martiri
117A lagrimar mi fanno tristo e pio.
118Ma dimmi: Al tempo de’ dolci sospiri,
119A che, e come concedette Amore,
120Che conosceste i dubbiosi disiri?
121Et ella a me: Nessun maggior dolore,
122Che ricordarsi del tempo felice
123Nella miseria, e ciò sa il tuo Dottore.
124Ma se a conoscer la prima radice
125Del nostro mal tu ài cotanto affetto,2
126Farò come colui che piange, e dice.
127 Noi leggiavamo un giorno, per diletto,3
128Di Lancellotto, come amor lo strinse:
129Soli eravamo e sanza alcun sospetto.
130Per più fiate li occhi ci sospinse
131Quella lettura, e scolorocci il viso;
132Ma solo un punto fu quel che ci vinse.
133Quando leggemmo il disiato riso
134Esser baciato da cotanto amante,
135Questi, che mai da me non fia diviso,
- ↑ v.107. C. M. a vita
- ↑ v.125. del nostro amor
- ↑ v.133. leggiavamo. I verbi della seconda e terza coniugazione, in antico piegavansi nelle prime persone plurali dell’imperfetto, come quei della prima. E.