Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/191

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c a n t o    v. 147

106Amor condusse noi ad una morte:
      Caina attende chi in vita ci spense.1
      Queste parole da lor ci fur porte.
109Da ch’io intesi quell’anime offense,
      Chinai ’l viso, e tanto il tenni basso,
      Fin che il Poeta mi disse: Che pense?
112Quand’io risposi, cominciai: O lasso,
      Quanti dolci pensier, quanto disio
      Menò costoro al doloroso passo!
115Poi mi rivolsi a loro, e parlai io,
     E cominciai: Francesca, i tuoi martiri
     A lagrimar mi fanno tristo e pio.
118Ma dimmi: Al tempo de’ dolci sospiri,
     A che, e come concedette Amore,
     Che conosceste i dubbiosi disiri?
121Et ella a me: Nessun maggior dolore,
      Che ricordarsi del tempo felice
     Nella miseria, e ciò sa il tuo Dottore.
124Ma se a conoscer la prima radice
     Del nostro mal tu ài cotanto affetto,2
     Farò come colui che piange, e dice.
127  Noi leggiavamo un giorno, per diletto,3
     Di Lancellotto, come amor lo strinse:
     Soli eravamo e sanza alcun sospetto.
130Per più fiate li occhi ci sospinse
     Quella lettura, e scolorocci il viso;
     Ma solo un punto fu quel che ci vinse.
133Quando leggemmo il disiato riso
     Esser baciato da cotanto amante,
     Questi, che mai da me non fia diviso,

  1. v.107.  C. M. a vita
  2. v.125.  del nostro amor
  3. v.133. leggiavamo. I verbi della seconda e terza coniugazione, in antico piegavansi nelle prime persone plurali dell’imperfetto, come quei della prima.  E.