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[v.70-72] | c o m m e n t o | 163 |
con lui del matrimonio1 di Polissena, che liela voleano dare per moglie. Et allora vi venne accompagnato con alquanti de’ suoi, e Paris allora si pose in aguato, e saettollo et ucciselo. Vedi Paris. Continua ancora Virgilio con Dante e dice: Vedi ancora con quelli Paris. Questi fu figliuolo del re Priamo, del quale è detto di sopra, che rapì Elena, e dopo la morte d’Achille fu morto in una battaglia, e poi si perdette Troia, che mentre che vivette, la difese bene; e perchè rapì Elena, però Virgilio lo nomina fra li altri. Tristano. Ancora continua Virgilio a Dante, e dice: Vedi ancora Tristano. Questo Tristano fu nipote del re Marco di Cornovaglia, et innamorossi della reina Isotta moglie del re Marco, onde il re Marco l’uccise, trovatolo un di’ in camera con la reina Isotta, e con quella medesima sua lancia ch’avea lasciata fuori mettendola per uno buco ch’era all’uscio; sì che lo ferì e della detta ferita in fine morie, benché ne vivesse alcun tempo, e la reina Isotta morì sopra di lui, secondo che dice la storia della Tavola Ritonda, e però Virgilio lo nomina con li altri. e più di mille Ombre mostrommi, e nominolle, a dito, Che amor di nostra vita dipartille. Qui finisce il parlar di Virgilio, e parla l’autore e dice: Virgilio mi disse, come detto ò di sopra, e mostrommi a dito; cioè additando ognuna, e nominommi, così parlando, più di mille ombre ch’erano partite di nostra vita per cagione d’amore; e però dice ch’amore dipartille; cioè partì loro di nostra vita; cioè di questo mondo dove noi viviamo. E qui non à alcuna allegoria.
C. V — v. 70-72. In questo ultimo ternario della prima lezione l’autore nostro mostra avere compassione a coloro che Virgilio li à nominato; cioè tutti cavalieri, e donne ch’erano reputati degni, secondo il giudicio umano, di tale dannazione. Lo quale giudicio umano procede secondo la fama, e però dice: Poscia ch’io; cioè Dante, ebbi il mio Dottore udito; cioè Virgilio, Nomar le donne antiche e’ cavalieri; de’ quali fu detto di sopra, Pietà mi vinse; cioè me Dante, e fui quasi smarrito; cioè alienato da’ sensi e dalla ragione, e dice quasi, perchè non fu al tutto. E qui è da notare secondo la lettera che nominando la ragione, che è significata per Virgilio a Dante, che significa la sensualità, le donne e i cavalieri famosi essere dannati per sì fatto peccato a che conduce la natura e la carne, pietà vinse la sensualità; cioè ch’ebbe pena2 alla pena di coloro e fu quasi alienato dalla ragione, che vuole che chi disubbidisce Iddio, sia punito. Ma pur non si smarrì, e però dice quivi3, che ben che si dolesse della dannazione di coloro, non si dolse che non volesse che fossono dannati; ma dolsesi che avrebbe voluto