Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/768

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724 i n f e r n o   xxviii. [v. 55-63]

sopraddetto, nella quale lo autore nostro fa menzione de’ seminatori delli scandali e delle discordie, poi che di sopra à detto propiamente delli scismatici; e dividesi questa lezione in cinque parti: imperò che prima pone d’uno peccatore che seminò scandalo e discordia tra li tiranni di Romagna; nella seconda pone come quel peccatore li mostrò Curio, che seminò scandalo tra Cesare 1 e Pompeio, quivi: Et io a lui: ec.; nella terza finge che il Mosca, che seminò scandalo in Firenze, se li nominasse, quivi: Et un, ch’avea ec.; nella quarta finge com’elli s’affisse a riguardare coloro, ch’anno messo discordia tra padre e figliuolo, quivi: Ma io rimasi ec.; nella quinta pone come alcun di quelli peccatori si manifestono, quivi: Quando diritto ec. Divisa adunque la lezione, è da vedere la sentenzia litterale la quale è questa.

     Poiché Maometto si fu partito, un altro ch’avea divisa la gola e mozzo il naso e l’uno orecchie 2, restatosi a riguardar Dante che avea udito ch’era ancor vivo, parlò innanzi alli altri e disse: Tu, che non se’ condannato ancora e ch’io vidi in Italia, se la simiglianza non m’inganna, ricordati di Piero da Medicina, se mai ritorni a veder lo dolce piano di Lombardia e di Romagna; e fa sapere a’ due miglior di Fano; cioè a messer Guido et ad Angioletto, che se l’antiveder qui non m’inganna, elli saranno ammazerati a tradimento in un luogo di Romagna, che si chiama la Catolica, e fiene fatto quello strazio che mai non fu fatto in mare da i corsali; e il traditore sarà quel di Rimino che è cieco dell’un occhio, che li farà venire a parlamento con seco e farà loro quel che detto è di sopra; la qual terra; cioè Arimino, uno che è qui meco, vorrebbe essere digiuno ancora d’averla veduta. Onde Dante incontanente domandò chi era colui. Allora lo sopra detto li si mostrò e nominossi, dicendo ch’era Curione che messe scandalo tra Cesare e Pompeio, e sollicitò Cesare che venisse contra Pompeio e la sua parte. Et un altro poi ch’avea amendu’ le mani mozze, levando li moncherini in suso, gridò a Dante: Ricordera’ti ancor del Mosca che confortò li Uberti d’uccidere quello de’ Bondelmonti, dicendo: Cosa fatta capo à, che fu mal principio per Fiorenza, e di tutta la sua schiatta, secondo che aggiunse l’autore. Allora dice che si partì, come persona stolta e trista, e Dante si rimase; e dice che vide cosa che non l’ardirebbe a dire solo, se non che la coscienzia l’assicura, che fiancheggia 3 l’uomo quand’ella è pura. E dice che vide uno busto sanza capo andare, e il capo portava in mano come lanterna; e quando fui a piè del ponte, alzò la testa con la mano per veder Dante e per appressarli le sue parole, e disse: Or vedi la pena nostra molesta tu,

  1. C. M. Cesari
  2. C. M. orecchio,
  3. C. M. che fiangheggia