Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/832

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788 i n f e r n o   xxxi. [v. 28-45]

do, Ciò che cela il vapor che l’aere stipa; cioè ciò che nasconde lo vapore umido, che si leva dall’umido de’ paduli e de’ fiumi e de’ luoghi umidi della terra; lo qual vapore denso toglie la vista, e diradato dal caldo si risolve e rende la vista; Così, forando l’aere grossa e scura; ora adatta la similitudine che, così andando per quello aere grosso, et oscuro, Più e più appressando in ver la sponda; cioè approssimandosi più e più in ver la sponda ultima de l’ottavo cerchio, che è ripa al nono, Fuggemi errore; perchè mi certifico quello ch’era la cagione, perchè prima mi pareano torri, e crescemi paura; perchè veggo che sono giganti. E per non avere a dire ogni cosa in uno luogo, doviamo notare qui la narrazione fitta che fanno i poeti de’ giganti, oltra quello che ne dice la Santa Scrittura, che pone che fossono al tempo che venne dopo Noè, dopo lo diluvio, et allora fu Nembrot del quale si dirà di sotto. Questi giganti furono uomini potentissimi ch’avanzavano li altri in statura et in potenzia; e furono detti giganti; cioè figliuoli della terra: imperò che erano uomini dati pure alle cose della terra e dispregiavano Idio; ma Idio li disfece quando li piacque, come fu degno. E questo medesimo intese la fìzione poetica, che finge che li giganti nascessono pur della terra la quale, crucciata contra li dii, produsse tale spezie la quale fu contra li dii; e combatterono e puosono monte sopra monte per voler pigliare lo cielo; ma fulminati da Giove morirono tutti, come pone Ovidio, Metamorfoseos libro primo. E perchè furono tanto superbi, che vollono pigliare il cielo, per questo furono fulminati; per tanto l’autore finge che sieno posti, come mostrò, nel nono cerchio ove si punisce radicalmente lo peccato della superbia. E sono posti in figura di coloro che insurgono per superbia contro a Dio, i quali sono pur figliuoli della terra, perchè non sanno se non cose terrene: e pongono monte sopra monte; cioè facultà sopra facultà, per volere avere in terra lo stato celeste; ma elli sono fulminati, quando sono abbattuti dalla felicità nella miseria, e quando moiono e vanno all’inferno. Del peccato della superbia fu detto di sopra, capitolo xvi, e però niente se ne dice qui, se non quel che tocca il testo.

C. XXXI — v. 40-45. In questi due ternari fìnge l’autor nostro primamente una similitudine, per mostrare la grandezza de’ detti giganti e il modo come stavano, e dice così: Però che come in su la cerchia tonda Montereggion di torri si incorona: Montereggion è uno castello in quel di Siena, ch’à molte torri in su le mura intorno; e però fa questa similitudine che, come in sulle mura Montereggioni s’incorona di torri, Così la proda, che il pozzo circonda; chiama pozzo lo nono cerchio, perchè a rispetto delli altri tanto venia stretto, che parea uno pozzo; et in su la proda, ch’era d’intorno, Torreggiavan; cioè rappresentavano torri, di mazza la persona: imperò che