Pagina:Commedia - Inferno (Lana).djvu/219

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INFERNO. — Canto X. Verso 71 a 82 215

     Ch’ io faceva dinanzi alla risposta,
     Supin ricadde, e più non parve fuora.
Ma quell’ altro magnanimo , a cui posta
     Restato m’era, non mutò aspetto,
     Nè mosse collo, nè piegò sua costa. 75
E se, continuando al primo detto ,
     S’egli han quell’arte, disse, male appresa,1
Ciò mi tormenta più che questo letto.
     Ma non cinquanta volte fìa raccesa
    La faccia della donna che qui regge , 80
Che tu saprai quanto quel’ arte pesa.
     E se tu mai nel dolce mondo regge,


  1. V. 77 La s per se ripeluta, infonde efficacia al discorso; ma il Foscolo impaziente sentiva male. Io lo rimetto e colla Vind. col R. col Corton, col Landiano, coi tre universitari di Bologna, col BS, e col Laur. XL, 7, e lodo il Witte che ha pur sentita la gravità della dizione.




V. 73. Or riman questo dubbio cosi indiffinito, e ritorna alla prima novella. E dice, continuando al primo detto, che Farinata disse ch’elli hanno quell’arte male appresa, (questo mi doglia, ma inanzi che la donna che qui regge, sia raccesa cinquanta fiate, tu saprai come pesa quell’arte, cioè tu sarai cacciato di Firenze. Or qui pare che quelli spiriti vaticinino del futuro. E recitan li poeti che Proserpina figliuola di Cerere dea delle biade, andò una volta in Cicilia in un prato, e cogliendo fiori fu tolta e ratta da Plutone, ch’era dio dell’inferno , e fu portata là giuso. Dice che la detta Cerere andando cercando la detta Proserpina sua figliuola, essendo giunta a Messina, domandò da bere a una vecchia perch’era molto stanca. Questa ne li diede; e dice che bevea con grande impetuositade; sichè uno figliuolo piccolo della detta vecchia la derise e fenne beffe. Cerere per ira lo fé convertire in una lucerta. Or dice che andando domandando questa sua figliuola, Aretusa, la quale era dea delle fontane, si le disse ch’ella l’avea veduta in inferno, con ciò sia cosa ch’ella andava cercando tutte le parti infime della terra. Cerere inteso questo fe’ suo lamento a Jove, che le dovesse fare rendere sua figliuola. Alla fine patteggiò con Plutone, perchè la detta Proserpina avea mangiato per senno di Plutone sette grani di pomo, ch’ella dovesse lucere mezzo lo tempo in cielo, e l’altro mezzo in inferno. E questa Proserpina è la luna che mezzo lo suo tempo, cioè da ch’ell’ ha sette die infine alli XXII, luce sovra terra, lo soperchio luce sotto terra. Or par ch’elli voglia dire: el non sarà la faccia della donna, che qui regge, cinquanta fiate raccesa, cioè non passerà L novazioni di luna, cioè L mesi, che tu sarai cacciato.

82. Ancora lo detto Farinata lo dimandò coniurandolo, come appare: qual’è la ragione perch’il popolo di Firenze è contra me,