Pagina:Commedia - Inferno (Lana).djvu/437

Da Wikisource.

INFERNO. — Canto XXVII. Verso 47 a 60 433

     Che fecer di Montagna il mal governo,
     Là dove soglion, fan de’ denti succhio.
Le città di Lamone e di Santerno
     Conduce il leoncel dal nido bianco, 50
     che muta parte dalla state al verno;
E quella a cui il Savio bagna il fianco,
     Così com’ella sie’ tra il piano e il monte,
     Tra tirannìa si vive e stato franco.
Ora chi se’ ti prego che ne conte: 55
     Non esser duro più ch’altri sia stato,
     Se il nome tuo nel mondo tegna fronte.
Poscia che il fuoco alquanto ebbe rugghiato
     Al modo suo, l'aguta punta mosse
     Di qua di là, e poi che cotal fiato:

60




V. 47. Che fecer di etc. Questo Montagna fu uno gentilissimo uomo e grande d’Arimino, si che quando preseno la signoria da terra, sì lo incarcerarono, poi dopo poco tempo secretamente lo fenno a mal modo morire, e però dice: mal governo, cioè che n’ebbeno mala guardia.

48. Là dove soglion, cioè in Arimino sfogano li suoi denti sicome sogliono1.

49. La città di Lamone e di Santerno, Lamone si è uno fiume lo quale corre a Faenza, Santerno è uno fiume il quale corre a Imola. Or queste due cittadi signoreggiava Maghinardo da Fusinana, il quale aveva per arme un lione nel campo bianco: or questo Maghinardo fu uomo maestro delle cose del mondo, e spezialmente a sapere tenere quella parte che a lui era utile, e drittamente fu romagnolo ch'aguardava al suo utile, ed era in Toscana guelfo, cioè che teneva, consigliava e aiutava la parte guelfa, in Romagna facea l'opposito che teneva, consigliava e aiutava la ghibellina; e però dice l'autore parlando del detto Maghinardo: Che muta parte dalla state al verno; dalla state cioè da Toscana, che è verso mezzodie, al verno, che è Romagna verso settentrione.

52. Qui parla di Cesena, apresso della quale corre uno fiume, il quale è appellato lo Savio; dice che così com’ella è in mezzo tra la montagna e 'l piano, così vive tra la signoria de’ suoi gentili, ch’elli appella tiranni, e del popolo, quasi a dire, ella è a comune.

55. Perchè Dante ha ditto al Conte dello stato delle cittadi di Romagna, sì come richiese sua domanda, sì li dice: dimmi chi tu sei, e non esser più scarso di parlare a me, se non com’io sono stato al tuo piacere a te. E soggiunge: se tu vuoi ancora che nel mondo lo tuo nome suoni, con ciò sia cosa s’intende ch’io ne farò menzione del tuo nome nella mia Comedia.

  1. Il M. ha: « sono signori di Rimino; si come sogliono lo succhiano; »