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446 INFERNO. — Canto XXVIII. Verso 43 a 64

Ma tu chi se’ che in su lo scoglio muse,
     Forse per iudugiar d’ire alla pena,
     Ch’è giudicata in su le tue accuse? 45
Né morte il giunse ancor, nè colpa il mena,
     Rispose il mio Maestro, a tormentarlo;
     Ma per dar lui esperienza piena,
A me, che morto son, convien menarlo
     Per lo inferno quaggiù di giro in giro: 50
     E questo è ver così com’io ti parlo.
Più fur di cento che, quando l’udiro,
     S’arrestaron nel fosso a riguardarmi,
     Per maraviglia obliando il martiro.
Or di’a Fra Dolcin dunque che s’armi, 55
     Tu che forse vedrai il sole in breve,
     S’egli non vuol qui tosto seguitarmi,
Sì di vivanda, che stretta di neve
     Non rechi la vittoria al Noarese,
     Ch’altrimenti acquistar non sarìa leve. 60
Poiché l’un piè per girsene sospese,
     Maometto mi disse esta parola;
     Indi a partirsi in terra lo distese.
Un altro che forata avea la gola




V. 43. Poichè Maometto ha detto di sè e de’ compagni, qui domanda di Dante.

46. Qui responde Virgilio per Dante; e nota che Dante non li vuole parlare per la esperienzia del suo essere malvagio; ed appar chiaro la risposta nel presente testo.

54. Obliando, cioè dimenticando.

55. Qui impuose Macometto a Dante una ambasciata ad uno, che nel suo tempo era vivo, il quale fu patarino, che facea sua abitanzia nel contado di Novara in una montagna molto forte. Or prevedea Macometto ch’elli sarebbe perseguito, e s’elli non si guarnia sì la state, ch’elli n’avesse di vittuaglia nel verno, che li potrebbe incontrare ch’elli morirebbe imperquello che lo inverno su le dette montagne fa tai freddi, che non se ne può descendere, nè quelli di sotto possono montare là suso.

61. Cioè che impuose la predetta ambasciata a Dante già quando cominciava a partirsi.

64. Poich’ha detto l’autore delli scismatici partiti dalla unione della santa Chiesa, qui fa menzione d’alcuni seminatori di scisma e di scandalo tra le persone. El primo che vide fu Piero, il quale fu de’ Cattani da Medicina, che è nel contado di Bologna, il quale fu molto corrotto in quel vizio, si di seminare scandalo tra li nobili bolognesi, come eziandio tra li romagnoli e’ bolognesi: e, sì come appare nel testo, era deciso.