Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/128

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rispose al secondo come detto è, perchè potea essere cagione d’errore. Et ora risponde al primo nel quale non è errore di fede; ma è argomento, come dice lo testo. Dice dunqua così: L’altra dubitazion; cioè la prima, che fu questa: Se ’l buono volere dura, come può la forza altrui mancare 1 lo merito dello sforzato: con ciò sia cosa che la voluntà libera sia quella che meriti e demeriti? E però se Piccarda e Gostanza furno sforzate a uscire del monasterio, per che cagione durando elleno in quel buono volere, meritorno d’essere nel primo grado dei beati e non in quello nel quale sarebbono state, se fussono state nel monasterio? che; cioè la quale, ti commuove; cioè te Dante, A men venen; cioè à meno di periculo, che quella che determinata è: imperò che quella potrebbe menare l’uomo in eresia, questa no; e l’eresia è periculosa all’anima: imperò che induce morte, e però si può dire che abbia veleno: questa à veleno, perchè mena l’omo in errore; ma non tanto quanto l’altra: imperò che non menerebbe l’uomo in eresia, e così non vi serebbe periculo di morte spirituale; et assegna la cagione: però che sua malizia; cioè di questa dubitazione, Non ti porria menare; cioè non potrebbe menare te Dante, cioè la tua mente, nè ’l tuo intelletto, da me; cioè Beatrice, altrove; cioè ad altra determinazione, che fusse eretica e non approvata da santa Chiesa. Parer iniusta la nostra iustizia Ne li occhi de’ mortali; ecco che dimostra Beatrice che questo dubbio non può separare l’omo dalla fede che tiene la santa Chiesa, dicendo che parere iniusta la iustizia de la santa Chiesa e della santa Scrittura alla ragione et allo intelletto delli omini, è argomento Di Fede; cioè è prova di fede: imperò che, perchè l’omo tiene per fermo e crede che la santa Chiesa sia la sposa di Cristo e filliuola d’Iddio padre, e la santa Scrittura che è dittata da Cristo e studiata et osservata da la santa Chiesa crede e tiene per fermo che abbia in sè perfetta iustizia, e per tanto tiene e crede che in essa non possa essere iniustizia; e però dice che dubitare di questo è argomento di fede, e non d’eresia, e però dice: e non d’eretica nequizia; cioè e non di malizia, che induca eresia. Ma perchè puote vostro accorgimento; cioè vostro intelletto di voi omini, Ben penetrare; cioè ben 2 pensare dentro, a questa veritate; cioè a questo vero, cioè come sia ragionevile che chi s’abassa per forza altrui del merito, sia abbassato del premio, Come desiri; cioè desideri tu, Dante, ti farò contento; io Beatrice, dichiarandoti questo dubbio. E qui finisce la prima lezione del quarto canto, et incominciasi la seconda.

Se violenzia è quando ec. Questa è la seconda lezione del canto quarto, ne la quale l’autore finge che Beatrice determinasse lo primo

  1. Mancare ; scemare, in senso transitivo. E.
  2. C. M. ben passare