Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/130

Da Wikisource.
   118 p a r a d i s o   i v. [v. 73-90]   

cosa tanto larga, che la fiamma nolla possa abbracciare, si pone sopra la fiamma, la fa chinare colla sua punta in giuso; ma come si rimove, incontenente ritorna ritta in su. Perchè; cioè imperò che, s’ella; cioè se ella, cioè la volontà, si piega assai o poco; cioè inverso a la cosa a che ella è sforzata, et allora è volontà respettiva sforzata, Segue la forza; stando e perseverando in essa, e così queste; cioè Piccarda e Gostanza, fero; cioè feceno, che seguittono la forza fatta loro, Possendo ritornar nel santo loco; cioè nel monasterio, del quale erano state cavate. Se fusse stato lor voler intero; cioè se la voluntà fusse stata intera delle dette due donne, Come tenne Lorenso; cioè santo Lorenzo martire. Santo Lorenzo nel 255 fu accusato da Partemio a Decio imperadore ch’elli avea li tesori della Chiesa; e fattoselo venire dinanti e dimandatolo dove erano, non li rispuose, unde elli lo diede ad Aurelio suo officiale, che lo fe prima battere co li scorpioni, poi colle piombate, poi colla pietra lo volto, e poi col fuoco lo fe arrostire in sulla grata 1 del ferro e li ministri colle forche del ferro lo stringeano; e niente di meno santo Lorenzio tra tutti questi tormenti stava lieto, e riprendeva loro del loro errore; e però dice: in su la grada; cioè in sulla graticula del ferro sopra lo fuoco la sua voluntà intera a sostenere quello incendio per l’amore d’Iddio, intanto che elli insultava al tiranno che lo faceva arrostire, dicendoli: Versa e manduca. E fece; cioè e come 2 l’intera voluntà, Muzio; cioè Cornelio Muzio Gaio Scevola romano che fu lo primo di 300 giovani romani che aveano giurato d’uccidere lo re Larte Porsenna di Chiusi, che era intorno a Roma et aveala assediata per rimettervi lo figliuolo del re Tarquinio Superbo, che n’era stato con tutti li suoi cacciato per la sua crudeltà, per liberare la loro città, a cui toccò d’andare nel campo a mettersi ad ucciderlo, come scrive Livio libro secondo della prima decade; et iunto al pavillione scogniosciuto, credendo uccidere Porsenna uccise uno altro suo officiale che stava in su una alta sedia allato al re a dare lo soldo ai cavalieri, e molto sè esercitava. Unde essendo preso e menato dinanti al re, esaminato chi elli era, disse che era cittadino di Roma, e che avea nome Gaio Muzio: Io inimico volsi uccidere te re, mio inimico, nè non sono meno apparecchiato a sostenere la morte, ch’io fusse a darla a te: costume è dei Romani e fare e sostenere le cose forte e dure; nè non sono pur io con questo animo, assai ne sono di rieto a me, addimandanti questo onore: provvediti quanto vuoi contra questo pericolo, tutta via arai l’insidiatori appresso di te: li giovani di Roma con teco solo volliano questa battallia. Allora lo re lo cominciò a minacciare che lo met-

  1. C. M. sulla graticola del
  2. C. M. come fece la intera