Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/754

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sto, nel quale sono le cose che s’apprendeno coi sentimenti, cioè col vedere, toccare ec., a differenzia del mondo che è sopra cielo che è eterno, e non s’apprende se non co lo intelletto, e però si chiama mondo intelligibile, si puote Veder le volte; cioè li giri suoi e le revoluzioni sue, tanto più divine; cioè tanto più veloci; e dice divine, cioè più affocate da l’amore divino: imperò che già è detto che Iddio muove ogni cosa, et elli è immobile: imperò ch’elli muove come amato, sicchè le parti di ciascuno cielo desideranti di tornare a lui, siccome a la cosa amata da loro, tanto più s’affrettano quanto più ardeno dell’amore divino; e però più divine; cioè più veloci, perchè più amano Iddio, Quant’elle son dal centro più remote; cioè dal centro de la terra rimosse 1, e più presso a Dio: imperò che più veloce si muove la nona spera che l’ottava, e l’ottava che la settima, e così dell’altre spere, intendendo pur del moto loro violento non naturale. E però conchiude: Unde; cioè per la qual cosa, se ’l mio disio; cioè se ’l mio desiderio, dè aver fine; cioè debbe essere quietato, In questo miro; cioè in questo meraviglioso, et angelico templo; cioè casa ampia delli Angeli, Che; cioè lo quale tempio, à solo amore 2 e luce per confine; cioè è terminato da ogni parte da luce e da amore; e perchè quine la luce e l’amore è senza fine, quello tempio è senza termine, Udir conviemmi 3; cioè a me Dante conviene udire, ancor; cioè oltra quello, che òne udito, come L’esemplo; cioè lo mondo di giuso sensibile, che è fatto ad esemplare dello intelligibile, E l’esemplare; cioè lo mondo intelligibile, che è forma del mondo sensibile, non vanno d’un modo: imperò che nel mondo intelligibile lo più presso al centro va più ratto e ’l più dilungi più piano; e nel mondo sensibile è lo contrario: imperò che ’l più presso al centro de la terra va più piano, e lo più dilungi va più ratto: che è la cagione di questa contrarietà vorrei sapere da te Beatrice: Chè io; cioè imperò che io Dante, per me indarno; cioè invano, ciò contemplo; cioè la cagione di questa contrarietà considero: imperò che io nolla posso vedere, e però dichiaramelo tu, Beatrice. E que-

  1. Dante era di credere che la disposizione degli spiriti sopracelesti dovesse rispondere a quella dei cieli, errore comune ai centripetisti i quali confondono il primo col secondo cielo. Beatrice però gli dimostra come nel cielo più antico, cioè in quello della creazione spirituale, le cose vanno a rovescio; e come in esso la perfezione digrada correndo dal centro alla circonferenza, e non per contrario. E.
  2. Il Poeta nostro pone la natura dell’empireo in amore e virtù, amore e luce; ecco la natura divina. L’amore e la luce nella metessi rispondono al reale e all’ideale nell’ente. Così il Filosofo subalpino. E.
  3. Conviemmi; convièmi, duplicata la consonante dell’affisso, perchè terminata con accento la parola, a cui si congiugne. Nel Barberino altresì abbiamo viè per viene «quando il viè a lattare. E.