Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/142

Da Wikisource.

132 PARADiSO mai esser si può, avendolo dimostrato nella vittoria di Farsaglia, e d’Africa fece abbruciare le lettere nemiche senza volerne leggere alcuna — sofferentissimo di ogni stento cavalca va, nuotava, saltava — insomma, usando della frase di Policrate, — Cesare era tutto in ogni cosa. — Ebbe ingegno e memoria mirabile: nulla mai dimenticò fuori delle ingiurie. Ma se ebbe grandi virtù, ebbe anche, come Livio scrive di Annibale, vizi clic le pareggiarono, e fra questi gran cupidigia di regno, imperocchè per essa mosse guerra alla patria e sparse tanto sangue fraterno. Nel consolato usò sempre del1’ arbitrio: colle armi scacciò il collega Bibulo: prima della guerra civile aveva tentato in Roma sommosse per usurparne il dominio. Difese i congiurati di Gatilina. Si mise a rifugiare tutti i rei, perchè li riteneva i più abili a sostenere la guerra civile. Spogliò due volte l’erario pubblico; la prima con frode, la seconda con aperta violenza. Comprò a gran prezzo il sommo sacerdozio. Si creò dittatore perpetuo, anzi al dir di Lucano, Cesare volle esser tutto. Tullio scrive che aveva sempre in bocca quel detto di Euripide — se deve frangersi il diritto, sia per sola ragione di regno, che le altre cose possono pietosamente governarsi. — Lussurioso fuor di modo andò scorrendo in superba nave 1’ Egitto insieme con Cleopatra per isfogo di libidine; stuprò la moglie di Pompeo, il perché questi nomavalo Egisto: stuprò la moglie e figlia di Crasso. Non paventava nè il terremoto, nè gli Dei. Ebbe maggiori virtù, ma anche maggiori vizi di Pompeo. Ambidue aspiravano al regno, ambidue ingrati alla patria, ambidue degeneri dagli avi in questo rispetto. Strabone padre di Pompeo fu incenerito da un fulmine. Appena trafitto Cesare in senato, Caio Ottaviano di diciotto anni, studente in Grecia, corse a Roma. Egli era il