Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/171

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canto

VIII. 161

Ove ogni ben si termina e s’inizia, 87 Per lesi veggia, come la veggo io: Grata m’è più, e anche questo ho caro, Perchè il discerni rimirando in Dio. 90 Fatto m’hai lieto; e così mi fa chiaro, Poi che parlando a dubitar m’hai mosso, Come uscir può di dolce seme amaro. 93 Questo io a lui; ed eglia me: s’io posso Mostrarti un vero, a quel che tu dimandi Terrai il viso, come tieni il dosso. 96 Lo Ben, che tutto il regno che tu scandi Volge e contenta, fa esser virtute Stia provvedenza in questi corpi grandi; 99 E non pur le nature provvedute Son nella mente che è da sè perfetta, Ma esse insieme con la br salute. 1O2 Perchè quantunque questo arco saetta Disposto cade a provveduto fine, Si come cocca in suo segno diretta. Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine Producerebbe sili suoi effetti, Che non sarebbero arti, ma ruine: 108 E ciò esser non può, se gi’ intelletti, Che movon queste stelle non son manchi, E manco il primo, che non gli ha perfetti. 111 Vuoi tu che questo ver più ti s’imbianchi? E io: non già, perché impossibil veggio Che la natura, in quel ch’è uopo, stanchi. 114 Ond’egli ancora: or di’, sarebbe il peggio Per l’uomo in terra, se non fosse cive? Sì, rispos’io, e qui ragion non cheggio: 117 R MIAI TN — VO?. . I I